Non c’è cosa che la fortuna, se lo vuole, non sia capace di togliere, anche a chi si trovi nella più felice condizione. Essa, anzi, prende di mira e abbatte con tanto maggiore impeto quanto più una cosa le dà negli occhi: niente per lei è arduo e difficile. La strada da cui essa attacca non è sempre la stessa, e non è nemmeno una strada battuta: ora usa contro di noi le nostre stesse mani; ora le bastano le sue forze per nuocerci senza ricorrere ad altri. In nessun momento si è al sicuro dai suoi colpi: in mezzo agli stessi piaceri nascono cause di dolori. – Seneca (‘Lettere a Lucilio‘ – I secolo d.C.)
Che cos’è la fortuna per Seneca?
Per Seneca, la fortuna è una forza esterna, cieca e imprevedibile, che può influenzare la vita umana in modo arbitrario. Essa non segue un criterio razionale o giusto, ma può colpire chiunque, in qualsiasi momento, indipendentemente dalle loro qualità personali o dalle loro azioni. La fortuna può dare e togliere tutto ciò che è esterno alla persona — ricchezza, salute, potere, felicità — senza preavviso e senza riguardo per il merito o la giustizia.
Nella filosofia stoica, a cui Seneca aderisce, la fortuna è vista come parte del mondo naturale, che agisce secondo leggi e circostanze che non possiamo controllare. Per questo motivo, non dobbiamo né affidarci né temere troppo ciò che proviene dalla fortuna, perché essa non è sotto il nostro potere. Secondo Seneca, è inutile contare su di essa per ottenere una vita serena o felice, poiché essa è mutevole e insidiosa: proprio quando ci sembra di essere al massimo del successo, la fortuna può toglierci tutto.
Due aspetti chiave della fortuna per Seneca:
- L’imprevedibilità e la potenza distruttiva: la fortuna non è né buona né cattiva, ma è pericolosa proprio perché è imprevedibile. Nessuno è immune ai suoi colpi, anche chi è apparentemente nel pieno della felicità. Questa imprevedibilità crea una condizione di costante vulnerabilità per l’essere umano.
- Il ruolo del saggio stoico: poiché la fortuna non è sotto il nostro controllo, la saggezza sta nel non legarsi emotivamente a ciò che essa può dare o togliere. Il saggio, nella visione stoica, deve cercare l‘equilibrio interiore, la virtù, e non farsi travolgere dagli eventi esterni, positivi o negativi che siano. Questo distacco dalle vicende della fortuna permette di affrontare le avversità con serenità e di non essere eccessivamente euforici nei momenti di successo.
Quindi, per Seneca la fortuna è una forza che simboleggia la precarietà e la fragilità delle cose mondane. Egli ci invita a non fondare la nostra felicità su ciò che dipende dalla fortuna, ma piuttosto a coltivare la virtù e la saggezza, che sono sotto il nostro controllo.
Nel brano estratto da ‘Lettere a Lucilio’, Seneca riflette proprio sulla natura imprevedibile e spesso crudele della fortuna, e riassume tutta la sua visione su questa forza cieca che l’essere umano non può avere sotto il suo dominio e che con i suoi “capricci” può colpire chiunque, anche coloro che si trovano nella condizione più felice o privilegiata.