Selfie: significato psicologico dal libro “La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell’epoca dello smartphone” del dott. Luciano Di Gregorio, pubblicato da Franco Angeli.

Il dott. Di Gregorio si addentra nello sviscerare le motivazioni psicologiche e sociali che stanno dietro al diffuso comportamento del mondo attuale.

Presentazione del libro

Si stima che, nel 2016, oltre 28,5 milioni di italiani abbiano fruito – prevalentemente attraverso gli smartphone – dei social media.
Nell’era degli smartphone, siamo condizionati da un bisogno di visibilità sociale che ci spinge a connetterci alla Rete con una frequenza giornaliera, postando e condividendo sui social contenuti personali, selfie e immagini che parlano di noi, della nostra vita privata e di quella sentimentale, a volte persino di quella sessuale.

Perché lo facciamo?
Perché lo facciamo proprio in questa fase storica?
Perché abbiamo tutti, oggi più di ieri, così tanto bisogno di visibilità sociale e di mostrare agli altri la nostra ordinaria vita per renderla extra-ordinaria come se fossimo sempre protagonisti di un film di successo?
Da dove nasce questo bisogno di affermare e rafforzare la propria identità presso un pubblico di spettatori virtuali che si espande potenzialmente all’infinito?
Se crediamo di non essere riusciti a diventare ciò che aspiravamo ad essere, ci sentiamo in qualche modo sempre insoddisfatti di quello che siamo. Si può affermare che in questo caso soffriamo di un narcisismo menomato, cioè un sentimento di sé che contiene una ferita che chiede di essere riparata. Noi la ripariamo ogni qualvolta incrementiamo il nostro valore postando contenuti e immagini sulle pagine dei social e restiamo in attesa di un like di approvazione, che rimandiamo poi per riconoscenza agli altri, soddisfacendo il medesimo bisogno di conferma di valore.
Il libro indaga le complesse motivazioni psicologiche di questi nuovi bisogni di visibilità sociale per incrementare il proprio valore e svela i molteplici significati che si celano dietro questi comportamenti diventati oramai molto popolari.

Perché ci facciamo i selfie? Intervista al dott. Luciano di Gregorio

La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell'epoca dello smartphone Luciano Di Gregorio

Per soddisfare un bisogno di visibilità sociale in cui si cerca di mettere al centro della scena del mondo se stessi, come fossimo elementi significativi e rilevanti di uno scenario che si espande a livello planetario. La propria bacheca di Facebook, la pagina di Twitter, le foto postate su Instagram, sono occasioni mediatiche per parlare di sé e della propria storia personale, che viene trasformata con i post selfie e con i filmati autoprodotti e presi sui social in un palcoscenico di esibizione personale di sé in cui si afferma il valore della propria persona come se fossimo dei personaggi di successo.
Dietro questi atteggiamenti esistono necessità riferibili ad una nuova forma di narcisismo, ciò contengono dei bisogni di autoaffermazione e di soddisfazione personale, culto di se stessi, uscita dall’anonimato, esibizionismo e voyeurismo, partecipazione all’intimità degli altri, amplificazione di un mondo che sentiamo ristretto e incapace di darci lo spazio che meritiamo, oltre a soddisfare un bisogno di appartenenza ad una comunità che va ben oltre l’ambito ristretto delle nostre relazioni sociali.

Da cosa origina il narcisismo contemporaneo?

Il narcisismo contemporaneo nasce come dicevo dal bisogno di uscire da questo vissuto di anonimato sociale, nella condizione ordinaria dell’esistenza si pensa di non contare nulla e di non avere valore, per cui diventa necessario creare una situazione sociale extra-ordinaria in cui le vite semplici e qualunque delle persone diventano eventi speciali che vengono esibite davanti ad un pubblico di potenziali estimatori che si espande potenzialmente all’infinito; gli altri sono chiamati a confermare questa ricerca di valore e di significato personale che temiamo di non avere.

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Che relazione esiste tra le nuove tecnologie e il sentimento di sé?

I social media e la Rete hanno creato nuovi bisogni di visibilità sociale e favorito nuove forme di esibizionismo mediatico che non sono necessariamente dei fenomeni naturali, insiti nel nostro essere persone sociali, ma sono indotti dai media stessi e dalle nuove opportunità offerte dalla Rete, per cui se prima potevamo pensare di avere nella vita una o due occasioni di successo e di visibilità mediatica, ora con i social media noi possiamo farlo in continuazione, ma se da un lato siamo noi che desideriamo esibirci sulla Rete per incrementare il nostro valore, condizionati da una cultura del successo come unica condizione per esistere, dall’altro la cultura dei social stessi autoproduce questo bisogno di visibilità e fa da suggeritore forte ai nuovi comportamenti sociali che si diffondono e diventano fenomeni di massa. Il sentimento di sé che si espande fino a diventare una forma di narcisismo, che mette al centro dell’interesse il proprio Io e trascura l’altro, che pensa di affermarsi addirittura a danno dell’altro, è diventato la cifra “delirante” che caratterizza la società contemporanea.
Il problema nasce quando l’interesse per la propria immagine e per i propri contenuti postati su qualche sociale network, diventano più importanti dell’interesse per l’altro, a cui non ci rivolgiamo più con la stessa curiosità e con lo stesso desiderio con i quali ci rivolgevamo prima.
L’investimento narcisistico sul proprio Io, per ingrandirlo, comporta sempre un sacrificio e una svalutazione delle relazioni con le altre persone, che diventano meno significative, oppure sono significative perché sono utilizzate per affermare il proprio valore e non per avere un rapporto umano e interpersonale autentico con loro.

Come influiscono i moderni devices elettronici, primo fra tutti lo smartphone, sulle moderne relazioni sentimentali?

Con le tecnologie, con l’uso dello smartphone per presentificare l’altro e per averlo sempre a disposizione, sul palmo di una mano, non si stimola più l’uso della mente per creare l’altro con la fantasia e usando il pensiero. Io lo creo con un click meccanico, e mi abituo, inoltre, all’idea che le persone sono sempre a mia disposizione, si elimina l’assenza che è la precondizione per la creazione dell’universo simbolico, che nasce sempre da una mancanza che si cerca di saturare, ma quantomeno dopo un tempo di attesa che ci ha permesso di fare mente, di creare immagini mentali dell’altro, di provare sentimenti e di associarli alle immagini che dell’altro ci siamo costruiti nella nostra mente in funzione dell’esperienza emotiva vissuta con lui. Da questa considerazione ne consegue che questa abitudine a utilizzare dei sostituti inferiori della comunicazione e a mediare tutti i rapporti con un medium tecnico, l’uso sistematico che facciamo della Rete e dei social media, ci rendono sempre meno capaci di sostenere l’impatto emotivo che la relazione con l’altro inevitabilmente comporta.
Si assiste già da tempo ad un generale impoverimento della capacità di espressione quando ci si trova con la persona di fronte e questo riguarda anche le relazioni sentimentali, le quali inoltre subiscono, per via dell’abitudine al contatto continuo con l’altro e all’incapacità di sopportare l’esperienza della mancanza, un’ulteriore trasformazione; esse finiscono per diventare dei rapporti molto possessivi in cui non si accetta la mancanza di interesse e di ascolto anche solo temporaneo da parte dell’altro, anche se poi siamo noi i primi a non interessarci mai veramente all’altra persona e ad amarla per quello che è nella realtà.

  • Biografia: Luciano Di Gregorio, psicologo e gruppoanalista, svolge attività di psicoterapia a Siena e di formazione a Firenze. É socio ordinario della Società Gruppoanalitica italiana (SGAI) e membro ordinario della Società Italiana Formatori (AIF-Toscana). Su questo tema ha pubblicato Psicopatologia del cellulare. Dipendenza e possesso del telefonino (2003). Tra le sue recenti pubblicazioni ricordiamo: Le connessioni pericolose. Sesso e amori virtuali, Unicopli (2010); L’ho uccisa io. Psicologia della violenza maschile e analisi del femminicidio, Ed. Primamedia (2014); La voglia oscura. Pedofilia e abuso sessuale, Giunti (2016).
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Il concetto di narcisismo

Quando il sentimento di sé aumenta e porta il soggetto a concentrare la sua attenzione sul proprio Io per ampliarlo e per renderlo l’oggetto dell’interesse affettivo prevalente, sminuendo al contempo il significato e il valore della relazione con l’altro, per convenzione comune è considerato una forma di Narcisismo.

Narcisiste sono definite tutte quelle persone che mostrano un eccessivo amore per se stesse e una elevata considerazione di sé, che si traduce spesso in una forma di egoismo e in un distratto interesse per il mondo esterno. Il termine prende il nome dal celebre personaggio della mitologia greca creato da Ovidio nelle Metamorfosi.

Il mito racconta di un giovane di rara bellezza e di estrema vanità, figlio del dio del fiume Cefaso e della ninfa Liriope, che rifugge il mondo degli uomini e disdegna le persone di ambo i sessi che si innamorano di lui, poiché era caparbiamente geloso della propria bellezza. Di lui si innamora anche la ninfa Eco, la quale però viene sdegnosamente respinta, in conseguenza del rifiuto e del dolore ella vaga per valli e boschi fino a quando il suo corpo non si consuma e di lei resta solo la voce. La dea Nemesi, per punire la superbia del giovane Narciso, lo condanna a un amore impossibile: quello per la propria immagine che egli vede per la prima volta riflessa nello specchio d’acqua di uno stagno.

Sconvolto da questa scoperta e non potendo realizzare il sogno d’amore, Narciso si da la morte. Al suo posto nascerà in quel luogo un bel fiore che porterà il suo nome.

Caratteristiche psicologiche dei narcisisti

Il termine narciso deriva dal greco narkè che vuol dire sopore, stupore, una fissità o una forma di identicità che nel tempo, come ben rappresenta il racconto di Ovidio, può rivelarsi autodistruttiva e mortifera.

I soggetti narcisisti sono poco inclini all’altruismo e poco predisposti verso l’amore cosiddetto oggettuale, quello in cui si investe di significato qualcuno che può diventare veramente importante, mentre sono più concentrati su se stessi e sulla ricerca di conferme continue del proprio valore.

I soggetti narcisisti elevano la propria immagine a prevalente, se non a volte esclusivo, oggetto d’amore e si mostrano al mondo come se fossero posizionati sopra un piedistallo, dal quale osservano gli altri con un sentimento di supponenza e di superiorità. Essi amano esibirsi e mostrare le loro personali ricchezze, doti e capacità per dimostrare un valore superiore o un sapere che parte avvantaggiato rispetto a quello degli altri, ed è sempre un valore supposto più valido e un sapere pensato più vero di quello degli altri, di ciò che gli altri possono essere o conoscere. Proprio per questo atteggiamento di continua autoaffermazione che non si traduce mai in un vero interscambio di idee, di conoscenze o di passioni, i soggetti narcisisti non sono mai troppo coinvolti nelle relazioni umane, soprattutto se queste non portano vantaggi diretti o non rafforzano la propria immagine, rendendola più consona all’ideale personale e al riconoscimento gratificante del proprio intrinseco valore.

Narcisismo e senso di superiorità

Il Narcisismo, come si evince da queste premesse, è un concetto che si presta facilmente a una lettura critica: anche quando non è esplicitato, esso ha sempre una connotazione negativa, tant’è che l’essere narcisisti è considerato un difetto o un vizio psicologico. Narcisismo è un qualcosa che ha a che fare con l‘espansione grandiosa del proprio Io, una pretesa di superiorità a volte persino arrogante, una deriva della personalità che qualche modo va a scapito dell’interesse per l’altro, proprio in quanto l’essere narcisisti è una condizione psicologica che si trova in opposizione con l’amore e l’investimento affettivo per le persone esterne a sé. Se riferito ai soggetti ormai adulti, che hanno superato le fasi evolutive in cui il Narcisismo può essere considerato una caratteristica psicologica o un orientamento tipico dell’età (infanzia e adolescenza), di solito sta a indicare un aspetto irrisolto della personalità, persino una patologia, di cui il soggetto narcisista il più delle volte non è per altro pienamente consapevole. E anche quando esso guadagna un grado di consapevolezza di questa sua caratteristica infantile, proprio perché è narcisista e quindi compiacente verso il proprio modo di essere, egli non cerca di aggiustare il proprio atteggiamento per disporsi in maniera differente verso il mondo.

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Il soggetto narcisista non riesce a correggere questa sua predisposizione dell’Io che si traduce sempre in un eccesso di amore per sé e in una elevata considerazione della propria persona perché lo ritiene un valore, qualcosa che lo rende attraente e interessante e che lo pone sempre al centro della scena. Investire sull’Io e ingigantire il proprio Io è un’operazione che, inevitabilmente, si contrappone all’investire gli oggetti d’amore, implica un’attenzione per sé che supera o addirittura annulla una disposizione affettiva verso le persone in generale, significa amare gli altri solo perché ci amano e si interessano di noi e di quello che di noi possono apprezzare ed eventualmente amare. Eppure, se ci pensiamo bene, le persone narcisiste sono anche quelle che attraggono di più, che stimolano la curiosità nella maggior parte delle persone, che sono attratte da chi non è facilmente disponibile e si ammanta di un alone di fascino, di bellezza e di superiorità. […]

Personalità patologica

Il narcisista mostra a priori un valore intrinseco di sé a cui noi tutti in qualche modo aspiriamo e questo fattore ci porta a cercare un contatto più ravvicinato con lui, quasi che il poter toccare o entrare in confidenza, o meglio conoscere di persona il soggetto narcisista, possa portare un vantaggio anche a noi, farci diventare o farci pensare di diventare più significativi e più importanti di quello che siamo o ci consideriamo. Narcisismo è, dunque, al tempo stesso un difetto, un ostacolo alla relazione esterna e un tratto patologico della personalità, e una condizione attraente, qualcosa che calamita il nostro interesse e ci predisponde a un atteggiamento imitativo ad aspirare a raggiungere le alte vette di superiorità e bellezza che il soggetto narcisista ci mostra in maniera immanente. Non solo, il Narcisismo è una condizione psicologica di base che serve alla costruzione della propria individualità, per cui se non ci fosse un narcisismo infantile non saremmo mediamente quello che siamo, non avremmo la possibilità di raggiungere livelli di autostima e di amore proprio che ci sono necessari per vivere e volerci bene.

Ma come stanno veramente le cose attorno al Narcisismo, visto che esso è un fattore di personalità che si presta a molteplici chiavi di lettura, un fattore che tendiamo a considerare in maniera critica, soprattutto quando lo osserviamo negli altri, ma che, al tempo stesso, ci attrae?

Il Narcisismo è una condizione patologica vera e propria o è uno stato dell’essere umano che a volte si colora di eccessi e altre volte si mantiene entro un limite accettabile, per cui potremmo sostenere che alla fine siamo un po’ tutti narcisisti? Com’è che si diventa esageratamente narcisisti e perché alcune persone lo diventano e altre no, oppure lo sono più di altre? E soprattutto quando si può parlare di Narcisismo come una condizione patologica e quando si può definire un soggetto narcisista senza fare riferimento a una deriva psicopatologica della personalità?

Come si può ben vedere l’approccio psicologico al Narcisismo si mostra più complesso di quanto avremmo potuto immaginare; tale complessità si richiama all’obbligo di procedere per tappe progressive, gradino dopo gradino all’interno dell’Io e della personalità umana, partendo proprio dai primi studi di Freud sul Narcisismo dal punto di vista della teoria psicanalitica, della psicologia del Sé e delle teorie dell’attaccamento.

(Estratto dal libro: "La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell’epoca dello smartphone")
Selfie. Narcisismo E Identità
€ 12,00

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