Raja Yoga: significato, benefici, scopo della pratica.

Significato Raja-Yoga

Il Raja Yoga è una delle varie tradizioni di yoga che si concentrano sulla disciplina della mente e dell’anima per raggiungere l’illuminazione spirituale e la realizzazione di sé. La parola “raja” deriva dal sanscrito e può essere tradotta come “reale” o “regale”, suggerendo l’approccio regale o reale alla pratica del yoga. In altre parole, il Raja Yoga si concentra sul controllo e sulla direzione della mente per raggiungere uno stato di equilibrio interiore e profonda meditazione.

Il Raja Yoga è stato sistematizzato dal saggio indiano Patanjali nei suoi “Yoga Sutra”, un testo classico che descrive l’approccio agli otto membri (Ashtanga) del Raja Yoga. Questi otto membri forniscono un percorso graduale e progressivo verso la trasformazione spirituale:

  1. Yama: Etica e moralità.
  2. Niyama: Auto-purificazione e disciplina personale.
  3. Asana: Posizioni fisiche per il benessere del corpo e la preparazione alla meditazione.
  4. Pranayama: Controllo del respiro per gestire l’energia vitale.
  5. Pratyahara: Ritiro dei sensi dall’ambiente esterno.
  6. Dharana: Concentrazione mentale.
  7. Dhyana: Meditazione profonda.
  8. Samadhi: Stato di illuminazione, unione con il divino.

Il Raja Yoga è spesso considerato il “re” tra le varie forme di yoga, poiché si concentra principalmente sulla mente e sulla coscienza, mentre altri tipi di yoga possono essere più centrati sulla pratica fisica (come l’Hatha Yoga) o sul servizio devoto (come il Bhakti Yoga).

La pratica del Raja Yoga richiede disciplina, impegno costante e un profondo desiderio di auto-trasformazione e auto-realizzazione. Attraverso il controllo della mente, l’auto-purificazione e la meditazione, si spera di raggiungere la realizzazione del proprio potenziale spirituale e la connessione con il divino.

Il seguente testo è tratto dal libro di P. D. Ouspensky “Un nuovo modello dell’Universo”.

Differenza fra Raja-Yoga e Hatha-Yoga

Il Raja-Yoga è lo Yoga dell’educazione della coscienza. L’uomo che studia il Raja-Yoga praticamente, acquista coscienza del suo “Io”. Allo stesso tempo acquista straordinari poteri interni, controllo su se stesso e la capacità di influenzare altra gente.

Il Raja-Yoga, in rapporto al mondo psichico dell’uomo, alla sua auto-coscienza, ha lo stesso significato che lo Hatha-Yoga ha in rapporto al mondo fisico. Lo Hatha-Yoga è lo Yoga del superamento del corpo, l’acquisizione del controllo sul corpo e le sue funzioni; il Raja-Yoga è lo Yoga del superamento della illusoria ed erronea auto-coscienza dell’uomo e l’acquisizione del controllo sulla coscienza.

Il Raja-Yoga insegna all’uomo quel che costituisce la base della filosofica del mondo intero – la conoscenza di se stesso.

Proprio come lo Hatha-Yoga considera il corpo fisico imperfetto ma atto ad essere modificato in meglio, così il Raja-Yoga considera l’apparato psichico dell’uomo lontano dall’ideale, ma adatto ad essere sistemato e migliorato.

Scopo del Raja-Yoga

Il compito del Raja-Yoga è l'”impostazione della coscienza”, che è completamente analoga all'”impostazione della voce” nel canto. Il pensiero occidentale ordinario, insomma, non realizza la necessità di “impostare la coscienza”, trova, generalmente, che la coscienza ordinaria è piuttosto sufficiente, e che l’uomo non può ottenere nient’altro.

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Il Raja-Yoga crede che la coscienza, come una voce potente, richieda una appropriata “impostazione”, che ne moltiplicherebbe i poteri e le qualità decuplicandoli, ne aumenti l’efficienza, la faccia “suonare meglio”, riproduca meglio, ricostruisce delle idee, abbracci più cose contemporaneamente.

La prima asserzione del Raja-Yoga è che l’uomo non conosce se stesso completamente, ha un’idea completamente falsa e distorta di se stesso.

Questa mancanza di comprensione di se stesso è la principale difficoltà dell’uomo sul proprio cammino, la causa principale della sua debolezza. Se immaginiamo un uomo che non conosce il proprio corpo, non conosce le parti del suo corpo, il loro numero e le loro relative posizioni, che non sa di avere due bracci, due gambe, una testa e così via, questo darà una esatta illustrazione della nostra posizione rispetto al mondo psichico.

Dal punto di vista del Raja-Yoga, l’apparato psichico dell’uomo è un sistema di lenti curvate ed oscurate attraverso le quali la coscienza guarda il mondo e se stessa, ricevendone un’immagine che in nessun modo corrisponde alla realtà. Un uomo che crede nel proprio apparato psichico è un uomo che crede nel campo visuale del binocolo attraverso cui guarda, nella piena convinzione che quel che rientra nel campo visuale del suo binocolo in quel momento esista separatamente da quello che non vi rientra.

La nuova auto-conoscenza è ottenuta nel Raja-Yoga attraverso uno studio dei principi del mondo psichico dell’uomo attraverso una lunga serie di esercizi della coscienza.

[…] Lo scopo del Raja-Yoga è di portare l’uomo più vicino alla coscienza superiore, provandogli la possibilità di un simile risveglio dopo il sonno. Fino a che l’uomo non conosce il gusto e la sensazione di questo risveglio, fino a che la sua mente è ancora addormentata, il Raja-Yoga tende a rendere l’idea del risveglio comprensibile per lui raccontandogli di altre persone che si sono risvegliate, insegnandogli a riconoscere i frutti del loro pensiero e delle loro azioni, che sono interamente differenti dai risultati dell’attività della gente comune.

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Stati di coscienza

Uno studio dei principi della vita psichica mostra all’uomo i quattro stati di coscienza possibili per lui, che nella psicologia indiana usuale vengono chiamati:

  • sonno profondo;
  • sonno con sogni;
  • stato di veglia;
  • Turiya o stato di illuminazione.

(Negli insegnamenti esoterici questi stati di coscienza vengono definiti un po’ diversamente, ma rimangono quattro e la loro reciproca relazione rimane simile a quella sopra descritta).

Dopo questo segue lo studio delle funzioni psichiche, il pensiero, l’emozione, la sensazione e così via, sia separatamente che nel loro rapporto reciproco; lo studio dei sogni, lo studio dei processi psichici semi-consci e inconsci, lo studio delle illusioni e degli auto-inganni, lo studio delle varie forme di auto-ipnosi e di auto-suggestione, con l’obiettivo di liberare se stessi da tutto questo.

Fermare il pensiero

Uno dei primi compiti pratici presentati ad un uomo che inizia a studiare il Raja-Yoga è il raggiungimento della capacità di fermare i pensieri, la capacità di non pensare, cioè il fermare la mente al comando della volontà, per dare un completo riposo all’apparato psichico.

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Questa capacità di fermare il pensiero è considerata come una condizione necessaria per il risveglio di certi poteri e possibilità latenti all’interno dell’uomo, e come una condizione necessaria per subordinare i processi psichici inconsci alla volontà. Soltanto quando un uomo ha creato in se stesso questa capacità di fermare lo scorrere dei propri pensieri può avvicinarsi alla possibilità di ascoltare i pensieri di altre persone, e tutte le voci che, incessantemente, parlano della natura, le voci di varie “piccole vite”, che sono parti componenti di se stesso, e le voci delle “grandi vite”, delle quali egli è una parte componente.

Sentire la voce del silenzio

Soltanto quando ha acquisito la capacità di creare uno stato passivo nella propria mente un uomo può sperare di sentire la voce del silenzio, che sola può risvergliargli le verità e i segreti a lui nascosti.

Inoltre (e questa è la prima cosa che viene raggiunta), imparando a fermare il pensiero con la volontà l’uomo acquisisce il potere di ridurre le inutili spese di energia psichica consumata nel pensiero non necessario. Il pensiero non necessario è uno dei principali mali della nostra vita interiore. Quante volte accade che alcuni dei pensieri arrivano nella nostra mente, e la mente, non avendo il potere di rigettarli, li rigira in continuazione, proprio come la corrente fa rotolare una pietra più volte nel suo letto.

Questo accade specialmente quando un uomo è agitato o annoiato oppure offeso, timoroso di qualcosa, sospettoso di qualcosa, e così via. E la gente non capisce quale enorme quantità di energia sia spesa in questo non necessario rimuginare degli stessi pensieri e delle stesse parole nella mente. La gente non capisce che un uomo, senza accorgersene, può ripetere molte migliaia di volte nel corso di un’ora o due alcune stupide frasi o frammenti di versi che sono incollati nella sua mente senza alcun motivo.

Imparare la concentrazione

Quando il “discepolo” ha imparato a non pensare, gli viene insegnato a pensare – a pensare quel che lui vuole pensare, e non qualsiasi cosa gli viene in testa. Questo è un metodo di concentrazione. La completa concentrazione della mente su un soggetto e la capacità di non pensare a nient’altro contemporaneamente, la capacità di non essere distratto da associazioni accidentali, dà all’uomo poteri enormi. Egli può allora sforzarsi non soltanto a non pensare, ma anche a non sentire, a non ascoltare, a non vedere nulla di quel che accade attorno a lui; egli può evitare di avere la sensazione di qualsiasi tipo di disagio fisico, sia il caldo che il freddo o la sofferenza; egli è capace, con uno solo sforzo, di rendersi insensibile ad ogni dolore, perfino il più terribile. Questo spiega una delle teorie per cui lo Hatha-Yoga diventa più facile dopo il Raja-Yoga.

La meditazione

Il passo seguente, il terzo, è la meditazione. L’uomo che ha studiato la concentrazione viene istruito ad usarla, cioè a meditare, ad entrare profondamente in una data questione per esaminarne i suoi differenti aspetti uno dopo l’altro, per trovare in essa correlazioni ed analogia con tutto quel che conosce, con tutto quel che egli ha pensato o ascoltato prima. La giusta meditazione dischiude all’uomo un’infinita quantità di aspetti nuovi in cose che egli pensava precedentemente di conoscere. Questo gli mostra profondità sulle quali non gli era mai capitato di soffermarsi a pensare e, soprattutto, lo conduce più vicino alla “nuova coscienza”, bagliori della quale, come lampi, cominciano a illuminare le sue meditazioni, rivelandogli per un momento orizzonti infinitamente remoti.

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La contemplazione

Il passo successivo – il quarto – è la contemplazione. Viene insegnato all’uomo, dopo avergli posto una certa domanda, di entrare al suo interno più profondamente possibile senza pensare; oppure, anche senza porre alcuna domanda, di entrare profondamente in un’idea, un’immagine mentale, un paesaggio, un fenomeno naturale, un suono, un numero.

Un uomo che ha imparato a contemplare risveglia le facoltà superiori della propria anima, si rende aperto ad influenze che provendono dalle sfere superiori della vita del mondo e, appunto, in comunione con i più profondi misteri dell’universo.

Allo stesso tempo il Raja-Yoga rende l'”Io” dell’uomo l’oggetto della concentrazione, della meditazione e della contemplazione. Avendo insegnato all’uomo ad economizzare i suoi poteri mentali e a dirigerli secondo volontà, il Raja-Yoga gli chiede di dirigerli sull’auto-conoscenza, la conoscenza del suo vero “Io”.

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Il cambiamento dell’auto-coscienza dell’uomo, e del suo “sentimento di se stesso” è lo scopo principale del Raja-Yoga. Il suo obiettivo è di rendere capace l’uomo di sentire realmente e di diventare cosciente delle altezze e delle profondità in se stesso, attraverso le quali egli entra in contatto con l’eternità e l’infinito, cioè cerca di far sentire all’uomo che non è mortale, un temporale e finito granello di polvere nell’universo infinito, ma una immortale, eterna e infinita quantità uguale all’intero universo, una goccia dell’oceano dello spirito, ma una goccia che può contenere l’intero oceano.

L’espansione dell'”Io” secondo i metodi del Raja-Yoga è precisamente questo condurre insieme l’auto-coscienza dell’uomo con l’auto-coscienza del mondo, il trasferimento della messa a fuoco dell’auto-coscienza da una piccola unità separata verso l’infinito. Il Raja-Yoga spande l'”Io” dell’uomo e ricostruisce la sua visione di se stesso e il suo sentimento di se stesso.

Come risultato l’uomo raggiunge uno stato di straordinaria libertà e potenza. […]

L’idea della “separazione del sé”, del “non-attaccamento”, occupa un posto molto importante nella pratica del Raja-Yoga. Dopo questo segue l’idea dell’assenza di permanenza e di unità nell’uomo e nel suo “Io” – e poi l’idea di non-esistenza della separazione nell’uomo, l’assenza di qualunque divisione tra uomo, umanità e natura.

(Tratto dal libro “Un nuovo modello dell’Universo”, P.D. Ouspensky)

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