Nella maggior parte dei casi, nel linguaggio comune, la parola “coscienza”, viene usata come equivalente della parola intelligenza (nel senso di attività della mente), o come termine sostitutivo di essa. In effetti, la coscienza è una particolare specie di “consapevolezza” nell’uomo, consapevolezza di sé, consapevolezza di chi egli è, di cosa sente o pensa, o di dove attualmente si trova.

In base al sistema che studiamo [La Quarta Via], l’uomo ha la possibilità di quattro stati di coscienza. Essi sono: sonno, stato di veglia, autocoscienza e coscienza oggettiva. Ma sebbene abbia la possibilità di questi quattro stati di coscienza, l’uomo effettivamente vive solo in due stati: una parte della sua vita la passa dormendo, e l’altra parte in quello che si chiama “stato di veglia”, sebbene in realtà questo differisca pochissimo dal sonno.

Quanto alla nostra memoria ordinaria, o momenti di memoria, noi in realtà ricordiamo solo momenti di coscienza, sebbene non ci accorgiamo che è così. […] Osserverete che ricordate le cose in modo diverso: alcune cose le ricordate in maniera del tutto chiara, alcune in maniera olto vaga, e alcune non le ricordate affatto. Sapete solo che sono accadute.

Rimarrete stupiti quando vi renderete conto di quanto poco ricordate effettivamente. E questo avviene perché ricordate solo i momenti in cui eravate coscienti. Capirete meglio che cosa intendo dire se cercherete di rifarvi con la mente più lontano che potete risalendo alla vostra prima infanzia, o in ogni caso a qualcosa che è successo molto tempo addietro.

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Capirete allora quanto poco ricordate effettivamente e quante cose ci sono rispetto alle quali semplicemente sapete o avete sentito dire che sono successe.

Così riguardo al terzo stato di coscienza possiamo dire che l’uomo ha momenti casuali di autocoscienza, ma non ha alcun dominio su di essi. Essi vanno e vengono spontaneamente, essendo dominati da circostanze esterne ed associazioni casuali o emozioni.

Il problema che si presenta è questo: è possibile acquistare il dominio su questi momenti fugaci di coscienza, evocarli più spesso e conservarli più a lungo, o renderli perfino duraturi?

Sonno, stato di veglia e autocoscienza

Il primo degli stati inferiori di coscienza è il sonno… L’uomo è circondato da sogni… Rappresentazioni puramente soggettive – o riflessi di precedenti esperienze o riflessi di vaghe percezioi del momento, come suoni che arrivano alla persona che dorme, sensazioni provenienti dal corpo, malesseri leggeri, senso di tensione – aleggiamo nella mente, non lasciando alcuna traccia.

Il secondo grado di coscienza si verifica quando la persona si sveglia. Il secondo stato – lo stato in cui ci troviamo ora, lo stato in cui lavoriamo, parliamo, ci consideriamo esseri coscienti e così via – lo chiamiamo comunemente “coscienza desta” o “chiara coscienza”, ma in realtà dovrebbe chiamarsi “sonno desto” o “coscienza relativa”.

Nello stato di sonno possiamo avere degli sprazzi di coscienza relativa. Nello stato di coscienza relativa possiamo avere degli sprazzi di autocoscienza. Ma se vogliamo dei periodi più lunghi di autocoscienza e non dei semplici sprazzi, dobbiamo convincerci che essi non possono verificarsi spontaneamente. Hanno bisogno di un’azione volontaria. Questo significa che la frequenza e la durata dei momenti di autocoscienza dipendono dal dominio che uno ha su se stesso.

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Perciò, questo vuol dire anche che la coscienza e la volontà sono quasi una sola ed una stessa cosa, o comunque, sono aspetti della stessa cosa.

A questo punto si deve capire che il primo ostacolo nella via di sviluppo dell’autocoscienza in una persona è la sua convinzione di possedere già l’autocoscienza, o in ogni modo di poterla avere in qualsiasi momento gli piaccia. E’ oltremodo difficile persuadere una persona che non è cosciente, e che non può divenirlo, a suo piacimento.

E’ particolarmente difficile perché in questo caso la natura giuoca un tiro molto curioso. Se chiedete ad un individuo se è cosciente, o se gli dite che non è cosciente, vi risponderà che è cosciente e che è una cosa assurda dirgli che non è cosciente, perché vi sente e vi capisce. E in questo avrà ragione senz’altro, quantunque al tempo stesso abbia torto. E’ questo il trucco della natura. Un istante dopo la coscienza scomparirà. Ma egli ricorderà ciò che voi avete detto e ciò che egli ha risposto, e si considererà senz’altro cosciente.

In realtà, raggiungere l’autocoscienza comporta un lavoro lungo e difficile. Come può una persona accettare questo lavoro se pensa di possedere già la cosa stessa che le viene promessa come conseguenza di un lavoro lungo e difficile? Una persona naturalmente non comincerà questo lavoro se non lo riterrò necessario finché non si convincerà che non possiede né l’autocoscienza, né tutto ciò che ad essa è connesso, cioè l’unità o individualità, l”IO” duraturo e la volontà.

(Brano tratto da: ‘Coscienza – La ricerca della verità’, Peter D. Ouspensky, Ed. Mediterranee – pagg. 21-23)

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—-> La lettura continua nel video podcast qui in basso.

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