Psicologia della vendetta e senso di rivalsa: come superarla.

La vendetta è un sentimento umano comune che nasce quando si subisce un torto. Il desiderio che alimenta la vendetta è generato dall’idea che l’altro debba provare lo stesso o addirittura un danno peggiore di quello che si è subito, come una forma di compensazione. Questo senso di rivalsa è spesso un meccanismo inconscio per difendersi dalla sofferenza subita, un modo per ripristinare l’equilibrio emotivo. Tuttavia, il perdurare di questi pensieri può impedire alla persona di elaborare e superare l’accaduto.

La vendetta non dà pace

La vendetta raramente porta alla pace, poiché non può ripristinare una situazione precedente al torto subito. Ad esempio, quando si tratta di morte, nessuna vendetta può riportare in vita la persona. Inoltre, si può rimanere intrappolati nel desiderio di vendetta, con la felicità personale legata all’infelicità altrui. In alcuni casi, dopo aver ottenuto vendetta, le persone possono sperimentare sensi di colpa e pentimento.

Il dolore e il rancore possono accecare una persona al punto da farle perdere la ragione. Quando si sperimenta un dolore intenso, la lucidità diminuisce e l’emotività prende il sopravvento, facendo perdere di vista i valori e spingendo alla violenza come unica cura.

In alcuni casi, il dolore e la perdita possono trasformarsi in ossessione per la vendetta, soprattutto per coloro che hanno tendenze compulsivo-ossessive preesistenti o che hanno vissuto il torto come invalidante per il proprio sé, come i soggetti narcisisti.

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Vendetta e senso di giustizia

Il desiderio di vendetta si può vedere anche come un impulso di giustizia che può sorgere da un sopruso di cui ci si sente vittime. Se la vendetta si esaurisce in espressioni verbali di rabbia o fantasie di punizione, può creare una situazione di parità tra l’offeso e l’offensore, aprendo la possibilità di ripristinare i rapporti di collaborazione. Ma, come detto poc’anzi, la rabbia repressa può trasformarsi in un’ossessione che alimenta il rancore e impedisce la comprensione reciproca.

Siamo stati educati a credere che gli atti negativi abbiano conseguenze negative e gli atti positivi abbiano conseguenze positive, ma questa visione non sempre si applica nella vita adulta. Spesso, il danno rimane senza un risarcimento automatico e l’universo non si sforzerà di compensarlo.

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Di fronte a questa realtà, il desiderio di giustizia emerge come una qualità umana che cerca di creare una società equa in cui tutti abbiano gli stessi diritti e siano presenti meccanismi di compensazione. Tuttavia, il desiderio di vendetta non nasce dalla volontà di costruire un mondo migliore, ma da sentimenti viscerali come l’odio e il risentimento.

Dunque, il desiderio di vendetta può condurre a una dinamica di conflitto che amplifica il problema invece di risolverlo, a causa del suo carattere passionale e non sistematico.

Secondo il filosofo Francis Bacon, chi nutre l’idea di vendetta continua a esasperare le proprie ferite senza permetter loro di guarire. L’ossessione per la vendetta può rendere infelici poiché focalizza l’attenzione sulle ferite del passato e sugli eventi esterni, impedendo di vivere appieno il presente senza inutili rancori.

Come si comporta una persona vendicativa?

Chi è vendicativo mostra caratteristiche generali nel suo comportamento, che sono quelle tipiche di una persona arrabbiata, implacabile, spietata, crudele, insensibile, inesorabile e inflessibile. I soggetti che vivono per la vendetta, ne fanno il loro unico scopo nella vita. Sono dominati da forti emozioni e cercano ogni opportunità per agire in modo punitivo o vendicativo. Il loro desiderio principale è “pareggiare i conti” o addirittura andare oltre.

La persona vendicativa continua a nutrire la sua rabbia attraverso immagini e fantasie sugli abusi subiti. Non importa quanto difficile possa essere o quali costi possa comportare, la persona vendicativa non permetterà che il male che gli è stato fatto resti impunito. Reclama di essere uguale a tutti gli altri e non tollererà abusi da nessuno.

Anche se possono essere consapevoli dell’irrazionalità dei loro sentimenti e obiettivi, questa consapevolezza viene spesso oscurata dall’intensità delle emozioni. Non provano sensi di colpa e non si preoccupano delle conseguenze morali o sociali delle loro azioni.

Il desiderio consapevole della vendetta è il castigo e il raggiungimento di uno stato di pace desiderato.

Le ragioni inconsce del desiderio di vendetta

Tuttavia, la vendetta è determinata da fattori inconsci che la persona in genere non riconosce. Inconsciamente, l’obiettivo della persona vendicativa è quello di nascondere un danno ancora più devastante subito nel proprio io durante i primi anni di vita, che costituisce la base di tutte le altre offese specifiche di cui si lamenta. In questo senso, l’atto vendicativo diventa un meccanismo di difesa per nascondere i traumi infantili più profondi.

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Alcuni studiosi attribuiscono la vendicatività agli ostacoli posti dai genitori allo sviluppo dell’individualità del bambino, che porta il desiderio di vendetta perché è stato costretto ad adattarsi ai valori dei genitori. Altri autori mettono in evidenza come la vendicatività possa servire a proteggersi dal dolore e dall’angoscia della separazione. La vendetta permette all’individuo di evitare o posticipare l’esperienza di questi due sentimenti, poiché non ha realmente rinunciato alla persona verso cui è diretta la vendetta. In sostanza, essere occupati con fantasie vendicative su quella persona serve a mantenere un attaccamento psicologico ad essa.

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Perché la vendetta è un male?

Cedere al desiderio di vendetta può portare a risultati dannosi. Ecco alcune ragioni per questo:

  1. Non ci sono limiti al danno: nella vendetta, non ci sono restrizioni predefinite su quanto male si può fare. Questo può portare a superare i propri limiti e a infliggere danni e sofferenze eccessive. Le giustificazioni vengono usate per superare le barriere morali, il che può portare a una perdita di controllo e causare molto dolore.
  2. Potenziale mancato: la vendetta richiede tempo ed energia considerevoli. Tuttavia, spesso, dopo averla ottenuta, ci si rende conto che è stata solo una perdita di tempo e non ha portato a risultati significativi o duraturi.
  3. Escalation della violenza: è facile perdere di vista la ragione per cui si è iniziato a vendicarsi. L’azione di vendetta può innescare una catena di reazioni violente senza fine. Quello che all’inizio sembrava liberatorio e finalizzato a raggiungere la pace può trasformarsi in un ciclo senza fine di richieste di tempo ed energia sempre maggiori.

Diventa chiaro che la tendenza ad abbandonarsi al desiderio di vendetta può portare a danni e conseguenze negative, a superare i propri limiti, far perdere tempo e creare un ciclo di violenza sempre più intenso.

Come superare la voglia di vendetta?

Il modo migliore per elaborare un torto subito è condividere emozioni e pensieri, cercando un confronto con amici e parenti e ascoltando punti di vista diversi. Non sentirsi isolati è fondamentale. È necessario del tempo per elaborare il torto e cercare modi diversi per riparare al danno, anche se dipende dalla volontà dell’aggressore di pentirsi e riparare al torto. L’accettazione passiva potrebbe avere conseguenze negative sulla salute fisica e sul tono dell’umore.

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Infatti, per liberarsi dal desiderio di vendetta, è necessario comprendere la vera natura della vendicatività e le sue radici nell’infanzia. Tuttavia, è improbabile che una persona possa liberarsi da sola e immediatamente di un sentimento così potente che ha permeato la sua mente in modo pervasivo. La psicoterapia può essere un prezioso strumento per aiutare la persona a comprendere che la vera vittoria non risiede nella vendetta, ma nel superamento del danno subito durante l’infanzia e nella costruzione di un sé più stabile e maturo, in grado di affrontare la realtà e tollerare le delusioni e le perdite che questa può comportare.

Un altro metodo per placare il desiderio di vendicarsi è quello di comunicare con il proprio “nemico” scrivendo una lettera o facendo una telefonata per esprimere le proprie lamentele senza rabbia. Esprimere il proprio dissenso in modo pacato può risolvere il problema e restituire la serenità. Spesso capita che a seguito di un chiarimento, molte delle fantasie che erano nate durante l’elaborazione della rabbia, si rivelino senza significato e perdano la loro importanza.

Esistono poi altre due strategie per far fronte al desiderio di vendetta.

La prima opzione consiste nel cercare distrazioni che aiutino a interrompere i pensieri intrusivi sulla vendetta. Cambiare le proprie abitudini e focalizzarsi su altre attività può contribuire a rompere il ciclo dei pensieri ossessivi sulla vendetta.

La seconda è quella di optare per una vendetta indiretta e relativamente costruttiva e benevola. Questo significa utilizzare il desiderio di compensazione per fare progressi personali che fungano da lezione per coloro che hanno cercato di nuocerci. Dimostrando che i loro tentativi di farci del male sono stati vani, si può ottenere una sorta di vendetta positiva.

Tuttavia, è bene valutare ogni caso in modo unico e riconoscere che le conseguenti reazioni dipendono dalla filosofia di vita di ciascuno di noi. Non esiste una soluzione universale, ma è importante sapere che combattere il desiderio di vendetta richiede impegno e determinazione.

Infine, una frase della poetessa Alda Merini rende bene l’idea del modo migliore per superare il senso di rivalsa: “La miglior vendetta? La felicità! Non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice!”

(Fonti web: it.yestherapyhelps.com; riza.it;)

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