Perché facciamo sempre gli stessi errori secondo la psicologia?

In psicologia quando si tende a ripetere sempre gli stessi errori, si fa riferimento alla tendenza della mente umana a privilegiare schemi e comportamenti già appresi rispetto a nuovi tentativi. Questo principio si basa su due elementi fondamentali:

1. Economia cognitiva

La mente umana cerca di risparmiare energia, adottando schemi di pensiero e comportamenti che sono già stati consolidati nel tempo. Questo è noto come economia cognitiva. Utilizzare percorsi mentali familiari richiede meno sforzo e risorse rispetto all’esplorazione di nuove opzioni o all’apprendimento di nuovi comportamenti. Ad esempio, quando ci troviamo di fronte a una decisione, è più facile seguire una routine consolidata piuttosto che analizzare tutte le alternative disponibili e rischiare di sbagliare.

2. Omeostasi psicologica

L’omeostasi è un concetto mutuato dalla biologia che si riferisce alla capacità di un organismo di mantenere un equilibrio interno stabile di fronte a cambiamenti esterni. In psicologia, l’omeostasi si manifesta come una tendenza a mantenere uno stato mentale e comportamentale stabile. Questo spiega perché le persone preferiscono spesso situazioni prevedibili, anche se non ottimali, piuttosto che affrontare l’incertezza del cambiamento.

Dove si applica il concetto?

  • Comportamenti abitudinari: la ripetizione di schemi comportamentali appresi è un esempio diretto di economia e omeostasi. Abitudini quotidiane, anche quando inefficaci o dannose, vengono mantenute perché rappresentano un percorso di minore resistenza mentale.
  • Resistenza al cambiamento: tentare qualcosa di nuovo richiede non solo più energia mentale ma anche l’affrontare l’incertezza. La mente, per evitare lo stress dell’imprevisto, preferisce restare in situazioni note. Questo si riflette, ad esempio, nella difficoltà di uscire da una relazione o da un lavoro insoddisfacente.
  • Decisioni automatiche: le euristiche, o scorciatoie mentali, sono un esempio di come la mente utilizza l’economia cognitiva per prendere decisioni rapide con il minimo sforzo, anche se non sempre risultano le migliori.
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Cosa comporta nella vita quotidiana

La tendenza verso l’economia e l’omeostasi può portare a una serie di comportamenti automatici, che possono essere utili in contesti dove la velocità e l’efficienza sono cruciali. Tuttavia, possono anche bloccare la crescita personale e il cambiamento, impedendo l’esplorazione di nuove prospettive.

Riconoscere questa tendenza è fondamentale per interrompere cicli comportamentali negativi e sviluppare una maggiore flessibilità mentale. Gli interventi psicologici spesso mirano a rompere queste barriere, incoraggiando il cambiamento attraverso piccoli passi che permettono di sfidare gradualmente le abitudini consolidate senza provocare troppo stress o disorientamento.

Semplificando, possiamo dire che la nostra mente cerca costantemente di bilanciare l’efficienza cognitiva e la stabilità emotiva, il che spesso ci porta a scegliere percorsi già battuti piuttosto che avventurarci in territori sconosciuti.

1. Teoria dell’economia cognitiva

Diversi studi e teorie nel campo della psicologia esplorano i concetti di economia cognitiva e omeostasi psicologica.

  • Daniel Kahneman e Amos Tversky: nel loro lavoro pionieristico sulle euristiche e sui bias cognitivi, Kahneman e Tversky hanno mostrato come la mente umana utilizza scorciatoie mentali (euristiche) per risparmiare energia durante il processo decisionale. Questi studi sono stati raccolti nel loro celebre articolo “Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases” (1974) e nel libro di Kahneman “Thinking, Fast and Slow” (2011).
    • Riferimento: Kahneman, D., & Tversky, A. (1974). Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases. Science, 185(4157), 1124-1131.

2. Teoria dell’omeostasi psicologica

  • Jean Piaget: il concetto di omeostasi è stato esplorato anche nello sviluppo cognitivo attraverso la teoria dell’adattamento di Piaget, che parla di assimilazione e accomodamento come meccanismi per mantenere un equilibrio mentale durante l’apprendimento di nuove informazioni.
    • Riferimento: Piaget, J. (1950). The Psychology of Intelligence. Routledge.
  • Leon Festinger: la teoria della dissonanza cognitiva di Festinger (1957) è strettamente legata all’omeostasi psicologica. Quando le persone percepiscono una dissonanza tra le loro azioni e convinzioni, cercano di ridurre questa tensione interna per ripristinare l’equilibrio.
    • Riferimento: Festinger, L. (1957). A Theory of Cognitive Dissonance. Stanford University Press.
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3. Effetto Status Quo

  • William Samuelson e Richard Zeckhauser: hanno esplorato il bias del status quo, che descrive la tendenza delle persone a preferire l’opzione corrente rispetto al cambiamento. Questo bias è legato alla resistenza al cambiamento e al desiderio di mantenere l’omeostasi psicologica.
    • Riferimento: Samuelson, W., & Zeckhauser, R. (1988). Status Quo Bias in Decision Making. Journal of Risk and Uncertainty, 1(1), 7-59.

4. Modelli di conservazione delle risorse

  • Stevan Hobfoll: ha introdotto la Teoria della Conservazione delle Risorse (Conservation of Resources Theory), che sostiene che gli individui tendono a conservare le risorse personali e psicologiche per evitare stress e mantenere un equilibrio interno.
    • Riferimento: Hobfoll, S. E. (1989). Conservation of Resources: A New Attempt at Conceptualizing Stress. American Psychologist, 44(3), 513-524.

5. Modello di autoregolazione

  • Roy Baumeister e Kathleen Vohs: hanno studiato l’autoregolazione come processo omeostatico in cui gli individui cercano di mantenere il controllo delle proprie azioni e comportamenti attraverso il monitoraggio e l’autocontrollo.
    • Riferimento: Baumeister, R. F., & Vohs, K. D. (2007). Self-Regulation, Ego Depletion, and Motivation. Social and Personality Psychology Compass, 1(1), 115-128.

Questi studi offrono una solida base teorica e empirica per comprendere come e perché la mente umana tende a privilegiare percorsi mentali ed emotivi già noti, favorendo la stabilità e l’efficienza a scapito del cambiamento e dell’esplorazione di nuove opzioni.

Sbagliando non si impara – Libro di Sara Garofalo

Una lettura consigliata sull’argomento è il libro di Sara Garofalo “Sbagliando non si impara”, – Perché facciamo sempre le scelte sbagliate in amore, sul lavoro e nella vita quotidiana. –

Sara Garofalo, nel suo libro, esplora i motivi per cui spesso facciamo scelte che, a posteriori, riconosciamo come sbagliate. Qui di seguito approfondiamo alcuni dei concetti chiave che la Garofalo analizza per spiegare questi comportamenti ricorrenti.

Perché compriamo sempre il vestito sbagliato?

Uno dei concetti centrali è l’euristica dell’ancoraggio. Questo meccanismo psicologico ci porta a dare eccessivo peso alla prima informazione ricevuta (l’ancora) quando prendiamo decisioni. Ad esempio, se vediamo un vestito scontato da 100 a 50 euro, percepiamo il prezzo di 50 euro come un grande affare, indipendentemente dal valore reale del capo. Siamo influenzati dal confronto con il prezzo iniziale e non dalla nostra effettiva necessità o dal gusto personale.

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Perché non riusciamo a lasciare un lavoro o una relazione che ormai ci ha stancati?

Qui entra in gioco l’avversione alla perdita, un bias per cui tendiamo a evitare le perdite più di quanto cerchiamo i guadagni. Restiamo in situazioni insoddisfacenti perché il dolore di perdere ciò che abbiamo – anche se è una fonte di insoddisfazione – sembra più grande del potenziale beneficio di cambiare. Questo bias ci spinge a sopravvalutare ciò che potremmo perdere (la sicurezza economica, la compagnia di un partner, il prestigio del lavoro) rispetto a ciò che potremmo guadagnare.

Meccanismi psicologici e test per metterci alla prova

Il libro non si limita a descrivere i meccanismi psicologici, ma propone anche test ed esercizi per riconoscere e confrontare questi bias nelle nostre decisioni quotidiane. L’idea è che, diventando consapevoli di come funziona la nostra mente, possiamo iniziare a fare scelte più consapevoli e razionali.

Altri concetti esplorati

  • L’effetto Ikea: attribuiamo un valore maggiore agli oggetti che abbiamo contribuito a creare, semplicemente perché abbiamo investito tempo e sforzo nella loro realizzazione. Questo può spiegarci perché ci aggrappiamo a progetti o situazioni solo perché vi abbiamo dedicato molto tempo, anche quando non ci soddisfano più.
  • I bias di conferma: tendiamo a cercare e interpretare le informazioni in modo che confermino le nostre convinzioni preesistenti. Questo ci rende meno propensi a cambiare idea e ci porta spesso a perpetuare errori di giudizio.

Questi concetti offrono una lente attraverso cui possiamo vedere le nostre scelte quotidiane, aiutandoci a riconoscere i pattern e, idealmente, a spezzarli per migliorare la qualità delle nostre decisioni.

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