Non riuscire a dimenticare niente fa male al benessere psicofisico.

Nuovi studi sul fenomeno della dimenticanza nel contesto della salute cerebrale indicano che trattenere troppe informazioni nella memoria può essere negativo per il benessere mentale.

Il professore di neurologia e psichiatria Scott Small, direttore del Centro di ricerca sull’Alzheimer presso la Columbia University di New York, spiega che dimenticare non solo è normale, ma è addirittura benefico per un cervello sano.

Perché dimenticare le cose inutili fa bene?

Il cervello, secondo Small, non deve essere considerato solo come una macchina per immagazzinare ricordi, ma anche come un organo che necessita di regolare la quantità di informazioni che conserva.

La dimenticanza è presentata come un processo attivo, essenziale per “ridurre il rumore di fondo delle informazioni inutili”. In altre parole, il nostro cervello elimina ciò che non è essenziale per fare spazio a nuove informazioni e per migliorare la capacità di pensare, prendere decisioni rapide e migliori, e stimolare la creatività.

Small sottolinea che la capacità di dimenticare aiuta a stabilire priorità e a mantenere una mente più flessibile. La “normale dimenticanza”, quando è in equilibrio con una memoria adeguata, contribuisce a creare un cervello più efficiente e adattabile.

Anche la sindrome ipertimesica, caratterizzata dalla supermemoria o dalla capacità di ricordare dettagli specifici della propria vita ha degli effetti sfavorevoli. Infatti, questa capacità può essere problematica, poiché chi ricorda tutto in modo così dettagliato potrebbe avere difficoltà a dimenticare esperienze negative o traumatiche, rimanendo intrappolato in un passato doloroso.

Ciò che si è potuto constatare è che la dimenticanza, quando è in equilibrio con una memoria adeguata, è un processo fondamentale per il funzionamento ottimale del cervello e contribuisce a una mente più flessibile e adattabile. La supermemoria, sebbene possa sembrare vantaggiosa, può portare a una sorta di prigionia nei ricordi negativi, compromettendo il benessere complessivo.

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Il dott. Small conclude: “Chi ricorda nei minimi dettagli che cosa ha mangiato a pranzo trent’anni fa non è capace più di chiunque altro di ricordare un numero di telefono o dove abbia messo le chiavi, perché la memoria di ferro è solo quella autobiografica, quella sui fatti della vita. E averla non è un vantaggio: ricordare ogni dolore, rimpianto, esperienza traumatica imprigiona in un’esistenza sofferente.”

(Fonte: Focus.it)

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