Lo scopo della vita non è diventare perfetti, ma completi. – C.G. Jung

Significato della citazione di Jung
Viviamo schiavi di un’idea malata di perfezione, come se per essere felici dovessimo eliminare difetti, debolezze, emozioni negative. Ma è proprio questo che ci fa soffrire. La vita non è un esercizio di correzione continua: è un fiume che scorre e che dobbiamo imparare a seguire senza bloccarlo con ansie e rigidità.
Essere completi significa smettere di voler diventare qualcun altro e tornare a essere ciò che siamo. Perché ogni volta che cerchiamo di “aggiustarci”, in realtà ci perdiamo. L’inconscio sa benissimo di cosa abbiamo bisogno, ma noi passiamo il tempo a ostacolarlo con la mente, con il giudizio, con il confronto con gli altri.
La verità è che dentro di noi c’è già tutto, ma siamo troppo impegnati a rincorrere un’immagine esterna per accorgercene. La bellezza della vita sta nell’accettare le proprie contraddizioni, nel lasciare spazio agli impulsi profondi senza reprimerli. Più ci sforziamo di essere “perfetti”, più diventiamo rigidi, freddi, lontani dalla nostra vera essenza.
La guarigione avviene quando smettiamo di combattere contro noi stessi e ci permettiamo di fiorire nel modo più naturale possibile, senza voler controllare tutto. Non è un cammino di aggiunta, ma di sottrazione: meno pensi a ciò che dovresti essere, più scopri chi sei davvero.
Essere completi: l’integrazione secondo Jung
Jung ci insegna che il senso della vita non è nella perfezione, che è una costruzione dell’Io per sfuggire all’incertezza, ma nella completezza, ovvero nell’integrazione di tutte le nostre parti, anche quelle più oscure, quelle che temiamo e rifiutiamo. La psiche umana è un intreccio di luci e ombre, di desideri inconfessabili e di ferite antiche. Tentare di eliminare le proprie contraddizioni significa amputare una parte fondamentale di sé, privarsi della possibilità di essere veramente vivi.
Essere completi significa attraversare il dolore dell’incontro con la propria Ombra, il lato nascosto della personalità che ci appare come minaccioso proprio perché portatore di verità sepolte. Ma è solo nel riconoscimento della nostra interezza che possiamo accedere a una reale trasformazione. È nel dialogo con il proprio inconscio che l’uomo può scoprire il proprio destino, non come un traguardo imposto dall’esterno, ma come un percorso unico, irripetibile, che dà senso all’esistenza.