Frasi Zen sulla sofferenza: citazioni dei maestri spirituali.
“Nella mente ha origine la sofferenza; nella mente ha origine la cessazione della sofferenza.” (Buddha)
“Quando un’altra persona vi fa soffrire, è perché soffre già profondamente da sola, e la sua sofferenza trabocca. Non ha bisogno di una punizione, ha bisogno di aiuto. Ecco il messaggio che sta inviando.” (Thich Nhat Hanh)
“Capire la sofferenza di qualcuno è il miglior regalo che puoi dare ad un’altra persona. La comprensione è l’altro nome dell’amore.” (Thich Nhat Hanh)
“Le persone trovano difficoltà nel lasciare andare la propria sofferenza. A causa della paura dell’ignoto, preferiscono la familiarità del dolore.” (Thich Nhat Hanh)
“Non diremo semplicemente “lo amo moltissimo”, ma invece “farò qualcosa in modo che soffra di meno “. La compassione è davvero presente solo quando è efficace nel rimuovere la sofferenza di un’altra persona.” (Thich Nhat Hanh)
“Se la sofferenza continua, è perché noi continuiamo a nutrirla.” (Thich Nhat Hanh)
“Se una persona si esprime con rabbia è perché sta soffrendo profondamente.” (Thich Nhat Hanh)
“Ogni sofferenza è un seme di buddha, perché la sofferenza spinge i mortali a cercare la saggezza.”
(L’Insegnamento Zen di Bodhidharma)
“La maggior parte della sofferenza umana è inutile. Ce la infliggiamo da soli fino a quando, a nostra insaputa, si lascia che la mente prenda il controllo della nostra vita.” (Eckart Tolle)
“La sofferenza è necessaria nella misura in cui ti fa rendere conto di ciò che non è necessario. Non sono le situazioni a farti infelice. Possono procurarti dolore fisico, ma non ti fanno infelice, i tuoi pensieri ti fanno infelice. Le tue interpretazioni, le storie che racconti a te stesso, ti fanno infelice.” (Eckart Tolle)
“Chi fa del male
crea la propria sofferenza
nel presente e nel futuro.
Il pensiero assillante
del proprio torto
tiene schiava la mente
e precipita nel caos.” (Cit. Dhammapada)
Cercare l’origine della sofferenza
Nelle tradizioni spirituali in cui si sprona l’individuo a conoscere se stesso per trovare le risposte alle domande esistenziali, la sofferenza fa parte dell’ignoranza. Si soffre perché non si conosce la vera natura di se stessi, si soffre perché ci sono attaccamenti e inclinazioni da risolvere.
La prima cosa da chiedersi è perché sto soffrendo? Sono immedesimato con la mia sofferenza?
Se comincio ad osservarla con obiettività posso scoprire che la sofferenza non sono Io, che si tratta di uno stato emotivo e mentale. Anche quando ci sono gravi condizioni che mi infliggono dolore, è il corpo che soffre, ma io non sono il corpo. Nessuno può certo negare che il dolore e la sofferenza esistono nell’animo umano e che ci possono anche affliggere per un periodo di tempo.
A volte però, la sofferenza serve a far scattare una “molla” che è quella della ricerca della sua vera origine. In questo caso, non fermiamoci in superficie, indaghiamo su cosa genera la sofferenza.
Cosa mi farebbe felice in questo momento? Ciò che mi renderebbe felice sarebbe duraturo o appena muterebbe quella condizione, soffrirei di nuovo? Attraverso queste domande posso iniziare a capire che sofferenza e benessere, felicità e infelicità ecc… non fanno altro che alternarsi e che quindi non sarò libero da questa “altalena”, fin quando non estirperò la causa alla radice.
I Maestri dell’Advaita Vedanta insegnano a chiedersi “Chi sono io?” per inoltrarsi a scoprire la radice della miseria umana, ovvero l’identificazione con il proprio Ego.
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