La frase del giorno del 25 settembre della tradizione buddista è:
Non c’è male come l’odio, non c’è disciplina ascetica come la pazienza. Perciò, coltiva la pazienza attivamente con tutti i mezzi possibili. Finché la punta dell’odio sarà nel tuo cuore, la tua mente non troverà riposo, né gioia o felicità, non avrà riposo né fermezza. — Shantideva
Spunti di riflessione
La pazienza è uno dei più forti strumenti di trasformazione interiore e riesce a vincere anche la distruttività dell’odio.
L’odio come il peggior male
Shantideva afferma che “non c’è male come l’odio”. L’odio è qui descritto come una forza corrosiva che consuma la mente e il cuore. Il risentimento e il rancore si radicano in profondità e portano all’infelicità, non solo per chi ne è l’oggetto, ma soprattutto per chi lo nutre. L’odio acceca, distorce la percezione della realtà, e si autoalimenta, creando un ciclo infinito di sofferenza. Nel Buddismo, questo sentimento rappresenta una delle “tre radici del male” (odio, avidità, ignoranza), perché ci allontana dalla possibilità di vivere in pace con noi stessi e con gli altri.
La pazienza come disciplina ascetica
In contrasto, Shantideva dice che “non c’è disciplina ascetica come la pazienza”. Il termine “disciplina ascetica” fa comprendere quanto sia arduo coltivare la pazienza, tanto da richiedere uno sforzo simile a quello di chi intraprende pratiche di mortificazione o controllo rigoroso di sé. La pazienza è quindi una virtù trasformativa che richiede costante lavoro, proprio come un asceta deve affrontare tentazioni e difficoltà per raggiungere la padronanza di sé.
La pazienza diventa il vero antidoto all’odio. Non si tratta di una passività, ma di un atteggiamento attivo e consapevole, che necessita di una grande forza interiore e capacità di autogestione. Chi è paziente non reprime i propri sentimenti, ma li osserva, li accetta e li lascia andare, evitando di farsi sopraffare dalla negatività.
La mente inquieta a causa dell’odio
Shantideva poi afferma che finché si nutre odio, la mente non troverà né riposo né gioia. Questo perché l’odio ci mantiene in uno stato di continua tensione. Immagina di tenere un carbone ardente in mano, desiderando lanciarlo contro qualcuno: non solo non riusciresti a ferire l’altro, ma ti scotteresti. L’odio funziona allo stesso modo, creando un’incessante agitazione mentale che impedisce alla persona di provare pace e serenità.
Coltivare la pazienza attivamente
Per questo Shantideva ci incoraggia a coltivare la pazienza “con tutti i mezzi possibili”. Significa che dobbiamo fare della pazienza una pratica quotidiana, cercando di esercitarla in ogni situazione, specialmente in quelle più difficili. La pazienza è strettamente legata alla compassione, perché richiede di riconoscere l’umanità nell’altro e di capire che anche chi ci causa dolore lo fa spesso per ignoranza o sofferenza interiore.
Conclusione
La riflessione di Shantideva ci mostra che la vera battaglia spirituale non si combatte all’esterno, ma dentro di noi. L’odio è un veleno per la nostra mente, mentre la pazienza ci guida verso la liberazione dalla sofferenza e la realizzazione della pace interiore. Solo coltivando la pazienza possiamo superare l’odio e trovare una mente stabile, gioiosa e ferma, che non si lascia trascinare dalle emozioni negative.