Differenza fra etica e morale: frasi e citazioni.
“Le leggi morali non ce le ha date Dio, ma non per questo sono meno importanti. Questa dovrebbe essere l’etica dominante, senza aspettarsi una ricompensa nell’aldilà.” (Margherita Hack)
“Fa ciò che senti giusto nel tuo cuore, poiché verrai criticato comunque. Sarai dannato se lo fai, dannato se non lo fai.” (Eleanor Roosevelt)
“Gli uomini sono più moralisti di quanto pensano e molto più immorali di quanto possano immaginare.”
(Sigmund Freud)
“Un popolo che mette i suoi privilegi al di sopra dei suoi principi presto perderà entrambi.” (Dwight D. Eisenhower)
“La non violenza conduce all’etica più alta, che è l’obiettivo di tutta l’evoluzione. Fino a che non smetteremo di fare del male agli altri esseri viventi, saremo sempre dei selvaggi.” (Thomas Edison)
“Il rispetto per noi stessi guida la nostra morale, il rispetto per gli altri guida le nostre maniere.” (Laurence Sterne)
“Non sprecare tempo a discutere su come dovrebbe essere una brava persona. Fai in modo di esserlo.”(Marco Aurelio)
“È scoraggiante pensare a quante persone siano scioccate dall’onestà e quante poche lo siano dalla falsità.” (Noël Coward)
“Quando faccio bene mi sento bene; quando faccio male mi sento male. Questa è la mia religione.”
(Abraham Lincoln)
“Non è difficile prendere decisioni quando sai quali sono i tuoi valori.” (Roy E. Disney)
“Faccio senza che mi venga ordinato ciò che alcuni sono costretti a fare per paura della legge.”(Aristotele)
“Non essere troppo morale. Potresti escluderti da molte cose della vita. Mira sopra la moralità. Non essere semplicemente buono, sii buono per qualcosa.” (Henry David Thoreau)
“Per quanto riguarda la morale, so solo che è morale ciò che ti fa sentir bene dopo che l’hai fatto ed è immorale ciò che invece ti fa sentire male.” (Ernest Hemingway)
Etica e morale secondo Kant
Immanuel Kant è uno dei filosofi più influenti della storia e ha sviluppato una teoria etica nota come “etica kantiana” o “etica deontologica”. Secondo Kant, l’etica si basa su principi razionali e universali che sono indipendenti dalle circostanze particolari o dalle conseguenze delle azioni. Questi principi sono formulati attraverso quello che Kant chiama il “categorico imperativo”, che rappresenta il fondamento dell’etica kantiana.
Il categorico imperativo può essere formulato in diversi modi, ma uno dei modi più noti è: “Agisci solo secondo quella massima attraverso la quale puoi volere che diventi una legge universale”. Questo significa che le azioni morali devono essere basate su principi che potremmo volere che fossero applicati universalmente a tutte le persone in tutte le situazioni simili. In altre parole, l’etica kantiana richiede di trattare gli altri come scopi in se stessi, invece di considerarli semplicemente come mezzi per raggiungere i nostri scopi.
Kant distingue anche tra due imperativi: il “categorico imperativo” e l’“imperativo ipotetico”. L’imperativo ipotetico è condizionato da desideri personali o da una volontà di raggiungere determinati scopi. Ad esempio, potremmo dire: “Se vuoi essere sano, mangia cibi sani”. D’altro canto, il categorico imperativo è una regola morale che dovrebbe essere seguita indipendentemente dai nostri desideri o scopi personali. L’etica kantiana enfatizza il rispetto per la legge morale e la razionalità come guida per l’azione.
Un altro aspetto chiave dell’etica kantiana è l’importanza della volontà buona. Kant afferma che l’unico bene intrinseco è la volontà buona, cioè una volontà motivata dall’obbligo di seguire la legge morale. Non importa se le conseguenze delle nostre azioni sono buone o cattive, ma ciò che conta è la nostra intenzione di agire in conformità con la legge morale.
Nell’etica kantiana si identifica anche la “dignità” come un concetto fondamentale. Il filosofo sostiene che ogni individuo ha una dignità intrinseca che deve essere rispettata e che gli esseri umani non possono mai essere trattati semplicemente come mezzi per raggiungere scopi personali. Questa idea di rispetto per la dignità umana è alla base della sua teoria dei diritti e dell’etica dei doveri.
In sintesi, secondo Kant, l’etica e la morale si basano su principi razionali e universali che richiedono un rispetto per la legge morale e per la dignità intrinseca di ogni individuo. Le azioni morali sono determinate dalla volontà di agire in conformità con la legge morale, indipendentemente dalle conseguenze e dai desideri personali.
Etica o morale?
Perché poi etica e non morale? È necessario, a questo punto, dare qualche definizione, sufficientemente aperta e flessibile, per non irrigidire subito l’analisi. L’etimologia non ci aiuta: da ta ethe (in greco, costumi, abitudini) e mores (in latino, consuetudini, usanze) hanno infatti accezioni analoghe; se etica è di origine greca, mentre morale di origine latina, entrambi i termini rimandano a contenuti similari, all’idea di costumi e usanze, di modi di agire determinati dall’uso.
Nondimeno, malgrado questa parentela rilevata dall’analisi etimologica, è possibile operare una distinzione fra l’etica e la morale. La prima e più teorica della seconda, ed è più dell’altra indirizzata verso una riflessione sui principi. L’etica cerca di decostruire le regole di condotta che formano la morale, i giudizi di bene e di male che si esprimono all’interno di quest’ultima. Che cosa definisce l’etica? Non una morale cioè un insieme di regole proprie a una cultura, ma una metamorale, una dottrina che si colloca al di là della morale, una teoria ragionata del bene e del male, dei valori e dei giudizi morali.
Insomma, l’etica decostruisce le regole di condotta, ne disarticola le strutture e ne smonta i principi informativi, per cercare di scendere fino alla più riposta essenza del dovere. A differenza della morale, si vuole decostruttrice e fondatrice, enunciatrice di principi o di fondamenti ultimi. Per la sua dimensione più teorica, per la sua volontà di risalire alle fonti, l’etica si distingue dalla morale e detiene un primato rispetto a quest’ultima. Essa riguarda la teoria e la fondazione, le basi stesse della prescrizione o dei giudizi morali.
Ma oggi, obietterà qualcuno, si parla di un’etica degli affari o di un’etica dei media, etiche cui significato sembra ben poco teorico, etiche pratiche e talvolta vicine alla deontologia. A dire il vero, queste connotazioni semantiche – l’etica si confonde in questo caso con un insieme di regole – non possono farci dimenticare il senso primo e fondamentale dell’etica, quello di una metamorale e dottrina fondatrice che enuncia i principi.
Se l’uso contemporaneo è a volte ambiguo, non dobbiamo per questo dimenticare il significato originario di etica. La moda non può giustificare da sola la dimenticanza di tutta una tradizione filosofica. Se la morale può infatti designare uno slancio creatore, esso si coagula in prescrizioni che l’etica interroga, sottopone a critica ed eventualmente rifiuta. Il nostro lavoro intende d’altra parte considerare l’etica nel suo duplice significato: come teoria ragionata del bene e del male, ma anche come imperativo ipotetico, come etica applicata, come bioetica, per esempio, la cui coerenza concettuale deve essere valutata.
[Jacqueline Russ, L’etica contemporanea, il Mulino]
(Fonti web: https://www.unife.it/letterefilosofia/comunicazione/insegnamenti/etica-della-comunicazione-1/materiale-didattico/1-MoraleEtica.pdf)
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