Cosa provoca l’invidia secondo la psicologia?

Come si può definire l’invidia?

L’invidia si può definire come un’emozione che nasce dal sentirsi in una condizione di svantaggio rispetto a qualcun altro. Sentirsi inferiori rispetto all’altra persona, genera un senso di frustrazione e di competizione che porta a provare una spinta demolitrice verso chi ha più di noi.

Come viene definita dal dizionario, in generale “è un sentimento di astio e di irritazione di fronte alla ricchezza, al successo, alla felicità, alla fortuna o alle qualità altrui.”

In Old Money, Nelson W Aldrich Jr descrive il dolore dell’invidia come “il senso quasi frenetico di vuoto dentro di sé, come se la pompa del proprio cuore stesse aspirando aria.”

L’invidia è molto subdola perché è una di quelle emozioni che non vogliamo ammettere di provare, ma che fa parte dell’animo umano e nasconderla a se stessi non fa altro che alimentarla.

Come ogni cosa, anche l’invidia va compresa; va analizzato anzitutto il motivo per cui si prova invidia verso una determinata persona o situazione. Poi, prendendo atto dell’emozione negativa che si è generata, si va a monte, risalendo all’origine psicologica.

Come nasce l’invidia?

Per provare invidia, devono essere soddisfatte tre condizioni.

In primo luogo, dobbiamo confrontarci con una persona (o persone) per qualcosa – un possesso, una qualità o un risultato – che non abbiamo. Secondo, dobbiamo desiderare quel qualcosa per noi stessi. E terzo, dobbiamo essere personalmente addolorati dall’emozione o dalle emozioni associate.

Cosa nasconde l’invidia?

Il termine “invidia” deriva dal latino “in-videre” con significato di “guardare contro, guardare male o biecamente, con ostilità”.

Spesso si soffre molto di invidia perché si hanno complessi di inferiorità, oppure carenze di tipo affettivo o sociale che sono causa di frustrazioni.

Di sicuro quando si prova invidia, si ha una sensazione di malessere e di inadeguatezza, tale da desiderare il male dell’altro in modo da porre fine all’emozione che è nata.

In qualche modo tutti abbiamo provato o proviamo invidia. Si possono fare una moltitudine di esempi che possono causare questa emozione: da bambini si invidia chi ha un giocattolo nuovo, si invidia il proprio fratellino o sorellina se ha più attenzioni, poi si invidia a scuola chi è più bravo di noi, chi è fidanzato e così via…

Valentina D’Urso, docente di psicologia generale all’Università di Padova e autrice di “Psicologia della gelosia e dell’invidiaspiega che nonostante l’invidia sia fra le emozioni più comuni nell’animo umano, è difficile ammettere di provarla: “È l’emozione negativa più rifiutata. Perché ha in sé due elementi disonorevoli: l’ammissione di essere inferiore e il tentativo di danneggiare l’altro senza gareggiare a viso aperto ma in modo subdolo, considerato meschino.”

Dunque, l’invidia nasconde un nostro senso di disagio e di inferiorità e un’ostilità che proviamo per il nostro “rivale”, verso il quale agiamo di nascosto per danneggiarlo (anche sparlandolo o cercando di fargli perdere quello per cui lo invidiamo).

Dante nella Divina Commedia collocò gli invidiosi nella II Cornice del Purgatorio, essi “indossano un mantello di panno ruvido e pungente, siedono a terra appoggiati l’un l’altro contro la parete del monte e hanno gli occhi cuciti da filo di ferro che impedisce loro di vedere (mentre in vita essi guardarono il prossimo con occhio malevolo, dal lat. invideo). Piangono e versano le lacrime attraverso l’orribile costura (cucitura), mentre recitano le litanie dei santi lavorano sotto mantelli di piombo.” Gli occhi che sono stati usati in modo malevolo sono ora chiusi.

Per chi si prova invidia?

Ma per chi si prova esattamente invidia? Si penserebbe che si prova invidia verso tutti quelli che stanno meglio di noi, e che più possiedono e più sono invidiabili. Ma, non è esattamente così! Infatti si prova invidia verso chi è più vicino a noi in quanto a condizioni di vita, cioé verso chi ci possiamo paragonare.

Un esempio può essere quello dell’invidia provata verso un vicino di casa o un conoscente che possiede un’auto nuova, mentre noi no. Non invidiamo Bill Gates, ma chi ha uno status sociale più simile al nostro, ma che in quel momento ha un oggetto per noi desiderabile o che il non possederlo ci fa sentire inferiori. Lo stesso vale per le donne che invidiano la bellezza di un’amica, rispetto a invidiare la top model.

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Insomma, il sentimento scatta quando qualcuno prossimo a noi, ha qualcosa in più che ci può far giudicare come al di sotto o non all’altezza.

E’ così che nasce un vero e proprio logorio per chi riteniamo avvantaggiato rispetto a noi, che esso sia un parente stretto, un amico, un compagno o un collega, non importa!

Come scrisse Bertrand Russell, “I mendicanti non invidiano i milionari, anche se ovviamente invidieranno altri mendicanti che hanno più successo”.

Mai come oggi, l’invidia è stata un problema. La nostra era di uguaglianza ci incoraggia a confrontarci con tutti, e Internet e i social media rendono tutto questo fin troppo facile, alimentando le fiamme della nostra invidia.

“La nostra invidia dura sempre più a lungo della felicità di quelli che invidiamo.” (Eraclito)

Frase sull'invidia Eraclito

Chi sono le persone invidiose?

L’invidioso sostanzialmente ha tre caratteristiche: si sente inferiore (perché così si giudica nel confrontarsi con l’antagonista); prova malevolenza verso l’altro; è spinto a fare del male per danneggiare l’avversario.

In un esperimento della University of Warwick (Gb) condotto da Andrew Oswald e della University of East Anglia (Gb) condotto da Daniel Zizzo, i partecipanti sono stati sottoposti a un gioco al pc in cui guadagnavano somme di denaro e bonus casuali. Potevano poi scegliere di bruciare i guadagni degli altri, che erano visibili sul monitor, rimanendo anonimi, ma spendendo parte dei loro guadagni.

Il risultato ha mostrato che il 62% dei giocatori ha scelto di togliere le vincite agli altri giocatori, accettando anche di pagare 25 centesimi per ogni euro che bruciavano agli altri concorrenti. Hanno preferito diminuire le loro stesse vincite pur di annullare quelle degli altri.

Inoltre, si è visto che gli svantaggiati miravano verso quelli più ricchi e con più bonus, ma i ricchi sapendo di essere presi di mira, colpivano tutti indiscriminatamente. Gli autori hanno commentato che da questo test è affiorato “il lato oscuro della natura umana”.

Come spiega lo psicologo Richard ­Smith della University of Kentucky (Usa): “Ecco perché l’invidia è messa al bando e condannata dalla società: implica ostilità ed è socialmente distruttiva, perché la persona invidiosa è potenzialmente pericolosa. Non solo: minaccia lo status quo e mette in dubbio la legittimità della distribuzione delle risorse, stabilita dal Creatore. Non stupisce che nella cultura cristiana sia uno dei 7 vizi capitali.”

Smith aggiunge che l’invidia: “È spiacevole. Si provano senso di inadeguatezza e inferiorità. Si ha la sensazione che il vantaggio dell’altro non sia meritato, con frustrazione, perché si pensa di non riuscire a ottenere la stessa cosa. Inoltre chi tende a essere invidioso rischia, invece di apprezzare le proprie abilità in senso assoluto, di valutarle solo se confrontate con quelle di altri che appaiono migliori: questo diminuisce l’auto-valutazione.”

L’invidia fa male a chi la prova

Un altro studio effettuato da un gruppo di ricercatori giapponesi del National institute of radiological sciences, si è spinto oltre nell’analisi dell’invidia. Ha monitorato cosa accadeva nel cervello dei partecipanti mentre si dovevano immedesimare in situazioni confrontandosi con diversi personaggi. Si è confermato che l’invidia scattava verso soggetti simili, ma per qualche motivo più brillanti.

Nel momento in cui emergeva l’emozione, nel loro cervello aumentava l’attivazione della corteccia cingolata anteriore dorsale, in modo proporzionale all’aumentare dell’invidia che il partecipante dichiarava di provare.

Hidehiko Takahashi che ha guidato l’esperimento, spiega che “La corteccia cingolata anteriore dorsale è legata all’elaborazione del dolore fisico o sociale”. Infatti, questa regione cerebrale si attiva come risposta a un dolore sociale, come può essere il senso di esclusione. Questo trova coerenza nel fatto che l’invidia ha alla sua base un confronto sociale, dal quale ci si sente perdenti o esclusi.

A cosa porta l’invidia?

Nel tempo, la nostra angoscia e amarezza possono dare origine a problemi di salute mentale come depressioneansia e insonnia; e problemi di salute fisica come infezioni, malattie cardiovascolari e cancro. Siamo, letteralmente, consumati dalla nostra invidia.

L’invidia può anche dar luogo a reazioni difensive più sottili come l’ingratitudine, l’ironia, il disprezzo, lo snobismo e il narcisismo, che hanno tutti in comune l’uso del disprezzo per ridurre al minimo la minaccia esistenziale rappresentata dai vantaggi degli altri. Un’altra difesa comune contro l’invidia è incitarla in coloro che vorremmo invidiare, ragionando che, se ci invidiano, non abbiamo motivo di invidiarli.

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L’invidia repressa può anche trasformarsi in risentimento, che è la riassegnazione del dolore che accompagna il nostro senso di fallimento o inferiorità a un capro espiatorio, come gli immigrati o gli ebrei, che può poi essere incolpato dei nostri mali, perseguitato e, alla fine, immolato, come Gesù sulla croce. 

“Ciò che rende terribile questo mondo è che mettiamo la stessa passione nel cercare di essere felici e nell’impedire che gli altri lo siano. ” (Conte di Rivarol)

Frase sull'invidia Conte di Rivarol

Invidia e evoluzione

Se l’essere umano ha determinate caratteristiche, ormai sappiamo che non è un caso, ovvero che esse sono il risultato dell’evoluzione che ci ha portato fin qui.

L’invidia è profondamente radicata nella psiche umana ed è comune a tutti i tempi e alle persone. I nostri antenati tribali vivevano nel timore di suscitare l’invidia degli dei, che placavano con elaborati rituali e offerte. Nella mitologia greca, è l’invidia di Era per Afrodite a scatenare la guerra di Troia. Nella Bibbia, è per invidia che Caino uccise Abele, e “per invidia del diavolo che la morte è entrata nel mondo”. E nel Mahabharata indù , è per “l’invidia ardente” che Duryodhana ha mosso guerra ai suoi cugini, i Pandava.

L’invidia, così come la paura ha avuto una sua funzione ed era quella di avvertirci che eravamo in una situazione di svantaggio che poteva essere rischiosa per la sopravvivenza. Come precisa Smith “Essere in una posizione inferiore è svantaggioso, quindi un’emozione che segnala questo stato e ci dovrebbe spingere a uscirne deve essere spiacevole.”

Secondo i ricercatori dunque, l’invidia è un’emozione che abbiamo sviluppato per farci reagire quando c’era bisogno di approvvigionarsi delle risorse (dal cibo al partener per la riproduzione).

Gli studiosi spiegano che all’interno dei gruppi ciò che conta è la capacità di ottenere risorse e la loro quantità; è così che gli esseri umani sono evoluti comparandosi con gli altri.
Ragion per cui, l’invidia è il campanello di allarme che segnala che qualcun altro è in vantaggio e che se vogliamo stare al passo dobbiamo ottenerlo anche noi.

L’invidia è stata necessaria per l’evoluzione perché chi invidiava era portato a fare più sforzi per emulare il contendente e raggiungere lo status e le risorse necessarie alla competizione. Chi non attivava questo meccanismo restava indietro ed era più fragile dal punto di vista della selezione naturale.

Gli scienziati concludono che è normale invidiare anche i componenti del proprio nucleo familiare, perché il confronto e la competizione durante l’evoluzione avveniva nei gruppi ristretti di consaguinei.

Viene anche spiegato il motivo per cui è così difficile ammettere di essere invidioso: non era un bene far sapere di sentirsi inferiori perché metteva a rischio le proprie strategie.

Smith aggiunge: “Questa emozione è una chiamata all’azione. O si cercano modi per “abbassare” una persona (è il caso dell’invidia “maligna”) o si lavora duro per alzarsi al suo livello (ed è quello che accade con una seconda forma di invidia, quella benigna, priva di sentimenti ostili).”

L’invidia ha anche i suoi aspetti positivi

La psicologa D’Urso spiega: “L’invidia può essere benigna quando porta all’emulazione: in questo caso canalizza le energie per cercare di avere un bene o il riconoscimento che è stato dato agli altri. Insomma, è una spinta a metterci in moto: così facciamo appello alle nostre capacità per raggiungere un traguardo. Possono spingere all’emulazione i modelli di persone “invidiabili” (per esempio quelli proposti dalla società, come sportivi o personaggi dello spettacolo) per cui si prova ammirazione, desiderando di essere come loro. E ci sono in fondo casi in cui la competizione è legittima, come nello sport: chi arriva secondo potrà invidiare chi l’ha superato, ma si allenerà per superarlo alla gara successiva”.

Perché si gode delle disgrazie altrui?

Godere delle disgrazie altrui è forse il più deplorevole dei comportamenti umani, ma anche in questo ci sarebbe una spiegazione.

Richard Smith ha effettuato più di un esperimento per capire questo modo di reagire. I partecipanti venivano a conoscenza di storie di ragazzi normali o brillanti e vincenti. Naturalmente scattava l’invidia per quest’ultima categoria e in concomitanza, essi provavano soddisfazione quando venivano informati che quei ragazzi più brillanti avevano avuto problemi.

“Il legame era già stato evidenziato da pensatori come Aristotele (384-322 a. C.) o Spinoza (1632-1677)” sottolinea Smith. “L’invidia non è divertente, a meno che la sfortuna (dell’altro) giochi a nostro favore: se la persona che ci ha superato nel confronto sociale ha un problema, ora deve scendere un gradino. E questo ci dà soddisfazione”.

Hidehiko Takahashi ha monitorato il cervello di chi godeva per i guai degli altri; si verificava una maggiore attivazione dello striato ventrale, area legata al “circuito della ricompensa” del cervello. Prova che il soggetto sentiva un autentico piacere. In pratica, di fronte i problemi che danneggiano il rivale, il senso di invidia diminuisce e ci si sente sollevati.

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“Lo svantaggio dell’altro è vantaggio per sé nel terreno della competizione sociale; l’inferiorità e la sua sgradevolezza possono così trasformarsi in superiorità e soddisfazione. Il dolore dell’invidia si riduce e si ha una sensazione piacevole. Infine si placa il senso di ingiustizia che spesso è parte dell’invidia: la sfortuna sembra meritata”- spiega Smith.

Che differenza c’è fra invidia e gelosia?

Molte persone dicono “geloso” quando ciò che intendono veramente è “invidioso”. Invidia e gelosia sono costrutti sottilmente diversi. Se l’invidia è il dolore personale causato dal desiderio dei vantaggi degli altri, la gelosia è il dolore personale causato dalla paura di perdere i propri vantaggi a causa degli altri, o di condividere i propri vantaggi con gli altri. 

L’invidia è avida, la gelosia è possessiva. La gelosia non è circoscritta alla sfera romantica, ma può coinvolgere anche gli amici, la reputazione, la competenza e così via. Rispetto all’invidia, la gelosia è più facile da ammettere, suggerendo che potrebbe essere il minore dei due mali.

Come controllare l’invidia?

Quindi, come tenere sotto controllo l’invidia? Quando invidiamo il nostro vicino per la sua luccicante auto decappottabile, ignoriamo o sminuiamo pesantemente tutti gli sforzi e i sacrifici che sono stati necessari per ottenerla e mantenerla, per non parlare dei rischi e degli inconvenienti di possedere un’auto del genere. Fanno riflettere le parole di Charles Bukowski, “Non invidiare mai un uomo alla sua signora. Dietro tutto c’è un inferno vivente.” E, naturalmente, lo stesso si può dire anche di una signora e del suo uomo.

Nella vita siamo ricchi non solo di ciò che abbiamo, ma anche e soprattutto di ciò che non abbiamo. Il successo infatti si paga, se ho qualcosa nella vita, dovrò rinunciare a qualcos’altro.

Che dire di coloro che hanno ereditato ricchezze senza fatica o sacrificio? Nella tradizione indù, le persone “fortunate” stanno semplicemente godendo i frutti delle loro passate azioni karmiche, comprese le passate azioni karmiche dei loro genitori, che li hanno nutriti ed educati, e dei loro nonni, che hanno nutrito ed educato i loro genitori, e così via .

In alcuni casi, come nel caso del vincitore della lotteria, la fortuna è quasi completamente immeritata, il che rende la nostra invidia ancora più virulenta. Ma inerente alla natura della fortuna è che tende a bilanciarsi nel tempo, quindi non ha davvero senso che tutti si alternino per invidiare tutti gli altri. A lunghissimo termine, tendiamo a ottenere ciò che meritiamo e poi, chiunque siamo, la nostra fortuna si esaurisce.

La natura compensa i suoi difetti: se non abbiamo una cosa, ne abbiamo sicuramente un’altra, anche se non è il genere di cosa che viene pubblicizzato sui cartelloni pubblicitari. Ma mentre invidiamo, ci concentriamo su ciò che ci manca piuttosto che su ciò che abbiamo e che altrimenti potremmo godere. 

Coltivare sentimenti come gratitudine e umiltà può aiutarci a sviluppare una prospettiva adeguata e difenderci dall’invidia.

In definitiva, l’invidia è una questione di atteggiamento. Quando incontriamo qualcuno che è migliore o più riuscito di noi, possiamo reagire con indifferenza, gioia, ammirazione, invidia o emulazione. L’invidia è il dolore che proviamo perché gli altri hanno cose buone che ci mancano.

Reagendo con invidia, ci impediamo di imparare da coloro che sanno o capiscono più di noi, e quindi ci condanniamo alla stagnazione. Ma reagendo con l’emulazione, possiamo chiedere di essere istruiti e, attraverso l’apprendimento, migliorare la nostra sorte. A differenza dell’invidia, che nella migliore delle ipotesi è sterile e nella peggiore controproducente, l’emulazione ci permette di crescere e, crescendo, di acquisire i vantaggi che altrimenti avrebbero incitato la nostra invidia.

Nella Retorica , Aristotele dice che l’emulazione è sentita soprattutto da coloro che credono di meritare certe cose buone che non hanno ancora, e più acutamente da coloro che hanno un’indole onorevole o nobile.

In altre parole, in base se reagiamo con invidia o emulazione, possiamo capire qual’è lo stato della nostra autostima.

“Non si deve invidiare nessuno; i buoni non meritano invidia; per quanto riguarda i cattivi, più hanno fortuna e più si rovinano.” (Epicuro)

Frase di Epicuro non si deve invidiare nessuno
(Fonti bibliografiche: Focus - "Come funziona l'invidia e perché (in fondo è utile)"; psychologytoday.com - "The  psychology and philosophy envy"; The Evolutionary Psychology of Envy and Jealousy) 

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