Conoscenza di se stessi psicologia: esplorare l’inconscio.
Tratto da “Guida alla conoscenza di sé” di Angela Maria La Sala Batà.
L’inconscio
Se vogliamo realmente conoscerci e divenire padroni della nostra personalità non possiamo limitare lo studio di noi stessi alla parte cosciente della nostra psiche, che è solo la superficie del nostro essere, ma dobbiamo a poco a poco scoprire anche la zona inconscia di essa, che è molto più vasta e importante.
La psicologia del cosciente infatti osserva e analizza solo lo strato più esterno della personalità umana: è una psicologia a due dimensioni. La psicologia dell’inconscio invece svolge le sue indagini verso i livelli più profondi della psiche, scende fino alle radici della nostra natura ed è quindi una psicologia a tre dimensioni.
Ben a ragione Jung dice che “il cosciente è, per natura, una specie di strato superficiale di epidermide galleggiante sull’inconscio, che si estende nella profondità come un vasto oceano di perfetta continuità”.
Almeno il 90% dei nostri processi psichici è subcosciente e fino a quando noi ignoreremo ciò (o lo vorremmo ignorare) saremo come degli esseri incompleti, mutilati, che si privano di una immensa ricchezza, di una fonte inesauribile di vitalità, di un lato di se stessi multiforme e misterioso, pieno di insospettate potenzialità e facoltà. L’inconscio infatti è un serbatoio di energie dinamiche, una massa di sostanza psichica fluida e plastica, sensibilissima e impressionabile, una carica potenziale di qualità e possibilità, che attendono solo di essere usate dall’io cosciente. […]
Come si forma l’inconscio?
Fin dalla nascita noi possediamo una psiche non ancora sviluppata e qualificata, ma che contiene in latenza tutte le future facoltà istintive, emotive e mentali. Questa psiche anche quando il bambino è molto piccolo, è sensibilissima a qualsiasi stimolo e riceve quindi continue impressioni e influenze dall’ambiente circostante. Tali impressioni avvengono, come è naturale, senza che il bambino ne sia cosciente, quindi si depositano sotto i livelli della coscienza, si “stratificano” e così a poco a poco si forma l’inconscio.
Sensazioni, immagini, ricordi, esperienze piacevoli e spiacevoli non si distruggono, ma vanno ad accumularsi nel profondo di noi stessi seguendo un processo naturale e spontaneo.
Se il bambino vive in un ambiente armonico, sereno, comprensivo, amorevole il suo inconscio si forma in maniere normale. I ricordi si stratificano per un meccanismo automatico, senza esser causa di disturbi. Ma se invece il fanciullo cresce e si sviluppa in un ambiente discordante, agitato, che lo fa soffrire e lo ferisce continuamente, se vi sono intorno a lui persone che non lo comprendono, se assiste a scene penose, disgustose o terrificanti, se non è amato (o è amato male), il suo inconscio riceve continuamente impressioni dolorose e sgradevoli; i ricordi sepolti non sono più immagini piacevoli o neutre, ma sono memorie traumatizzanti di fatti penosi, che lo spaventano e lo fanno soffrire, ed egli allora continuamente li allontana dalla coscienza, li “rimuove”, nell’illusione di sopprimerli. Invece essi rimangono lì nell’inconscio, formando i complessi, e le inibizioni: nascosti, ma non morti, ignorati, ma non privi di conseguenze negative e talvolta deleterie sulla personalità, sul carattere, sul temperamento, sui rapporti con gli altri, su tutta la vita di colui che ne è vittima.
Pertanto l’inconscio, pur essendo simile per natura in tutti gli individui, non è uguale per i suoi contenuti.
Meccanismi di rimozione
Vi è poi un’altra differenza tra persona e persona che consiste nella minore o maggiore difficoltà che essa possiede a venire in contatto con il suoo inconscio.
Tra la parte cosciente della nostra psiche e quella inconsciente vi è come un diaframma, una separazione, ma in alcuni tale diaframma è sottile, non presenta una particolare resistenza e facilmente lascia affiorare i contenuti inconsci, così può essere penetrato da colui che volesse analizzare il suo subscosciente; in altri invece il diaframma è molto spesso, resistente, quasi impenetrabile. Questo è il caso di coloro che hanno molte repressioni, conflitti inconsci e complessi non risolti.
Tali persone si sono talmente abituate a reprimere sia i loro impulsi ed esigenze, sia i ricordi di esperienze penose e sgradevoli, che inavvertitamente hanno fatto divenire tale repression un automatismo inconscio, hanno creato cioè una “rimozione” che continuamente si ripete senza che loro ne abbiano coscienza, un muro di difesa tra l’io cosciente che vuole indagare e il subcosciente che si barrica dietro questo muro.
Questo processo di difesa inconscio in certi casi può anche essere utile e necessario perché è come una protezione per colui che lo possiede. Infatti se esso non ci fosse i suoi conflitti e complessi inconsci affiorerebbero continuamente ostacolandolo e turbandolo e forse travolgendolo, poiché egli non è maturo per risolverli.
Può invece avvenire che con l’evoluzione e la maturazione stessa dell’individuo i complessi si risolvano da sé, poiché trovano una via di sublimazione spontanea e naturale.
Non dobbiamo dimenticare che l’inconscio è fatto di energie dinamiche che continuamente cercano una via di sfogo, e prima o poi la trovano.
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La formazione degli automatismi e abitudini
I disturbi vengono se le vie di sfogo sono sbagliate, se la sublimazione è ostacolata, o non saputa fare. […]
Passo ora a un altro punto essenziale sul soggetto della formazione dell’inconscio e cioè agli automatismi e abitudini che si creano in noi e che vanno a nutrire il nostro subcosciente insieme ai ricordi e alle esperienze stratificate.
Che cosa sono gli automatismi? Gli automatismi sono atti fisici, manifestazioni affettive ed emotive, operazioni mentali che dapprima avvengono con il contributo dell’attenzione e della volontà e che poi a poco a poco, con la frequente ripetizione, divengono automatici e inconsci.
E’ questo un processo naturale dell’evoluzione della coscienza che si sposta gradatamente da un livello all’altro, mentre gli automatismi aumentano.
Ad esempio le funzioni fisiologiche, che in origine si svolgevano con l’ausilio della nostra volontà, sono divenute attraverso l’evoluzion automatiche. Così pure i movimenti che ci servono per camminare, per mangiare, per scrivere, che si sono formati con lo sforzo e con l’esercizio, sono divenuti inconsci. Il guidare l’automobile, lo scrivere a macchina, il suonare il pianoforte ecc., che richiedono all’inizio attenzione e fatica divengono poi per noi azioni facili e spontanee, che possiamo eseguire senza l’ausilio della coscienza, e anzi se cerchiamo di ricostruire le varie fasi che abbiamo percorso per giungere al risultato ci sentiamo disturbati, ostacolati e financo paralizzati.
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Automatismi affettivi e mentali
Tali automatismi si formano anche nel campo affettivo.
Molti nostri affetti e attaccamenti si sono formati e vivono in noi inconsciamente e ce ne accorgiamo solo quando l’oggetto del nostro sentimento si allontana o viene a mancare. Per quanto possa sembrare strano anche l’affetto può essere inconscio, può essere diventato automatico, cioè talmente connaturato e abituale da sfuggire alla nostra consapevolezza.
Spesso è tale l’affetto per i genitori, per i familiari, per le persone che ci vivono vicine e che amiamo da lungo tempo, e solo la loro lontananza ci rende consapevoli del profondo affetto che ci lega a loro.
Ciò avviene anche nel campo mentale.
La parte cosciente della mente è minima di fronte alla parte inconscia e, come dicono numerosi studiosi, il nostro pensiero si svolge per la maggior parte sotto i livelli della coscienza, specialmente lungo quelle linee che ci sono più abituali, che più abbiamo coltivato e approfondito.
Noi vediamo apparire alla mente cosciente i risultati del pensiero […], ma non tutte le fasi del ragionamento, che avviene automaticamente.
Le operazioni aritmetiche che da bambini impariamo con tanto sforzo divengono poi con l’uso ripetuto un atto meccanico della mente, che spesso possiamo svolgere con l’attenzione volta ad altro.
Così avviene pure per il parlare o lo scrivere una lingua straniera.
Vi sono insomma delle “abitudini” mentali che si formano spontaneamente nel nostro intelletto e che divengono come il substrato della mente cosciente, facilitando e semplificando il suo lavoro.
Questa facoltà dei nostri elementi psichici inconsci di formare degli automatismi è molto utile e permette all’uomo di poter spostare la sua attenzione gradatamente su altri interessi e altri livelli di carattere superiore.
La coscienza, che all’inizio è appesantita e legata dal compito di dover svolgere infinite operazioni e atti, diviene sempre più libera col formarsi dei vari automatismi, e allora può rivolgersi alla realtà che sta dietro alle forme e percepire la vera essenza della vita.
Qualità inconsce e supercoscienti
L’inconscio inoltre, accanto ai ricordi stratificati, agli automatismi psichici, contiene in sé anche tutte le potenzialità latenti dell’uomo, i germi di qualità e facoltà future di carattere più elevato e spirituale.
Anzi può avvenire spesso che queste potenzialità, questi germi comincino a maturare e a fruttificare prima ancora che l’individuo ne sia cosciente.
Le facoltà si formano, la qualità superiori cominciano a delinearsi, ma rimangono talvolta per lungo tempo supercoscienti.
Ci vuole un’occasione favorevole, un caso di emergenza per fare affiorare tali qualità.
Infatti spesso avviene che in casi di estrema necessità l’uomo riveli qualità di forza, di bontà, di sacrificio e persino di eroismo insospettate.
Le prove, gli eventi, le gioie, i dolori della vita, le cose che studiamo e che impariamo, le nostre aspirazioni più alte, gli sforzi che facciamo per migliorare noi stessi, non restano senza effetto e agiscono anch’essi sull’inconscio, facendo maturare quei germi di qualità latenti nel profondo, o neglio nell’alto di noi stessi.
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Una esperienza che richieda da noi sacrificio, abnegazione, amore, non resta senza conseguenze, ma evoca le nostre più alte possibilità. Una situazione di emergenza che ci costringa ad assumere un posto direttivo, anche se noi non ne siamo consapevoli, sviluppa a poco a poco in noi capacità organizzative, qualità di giustizia, imparzialità, ordine ed equilibrio che poi si rivelano improvvisamente come parte naturale della nostra coscienza.
Inconscio ed evoluzione della coscienza
Talvolta geniali intuizioni si palesano all’improvviso, impulsi di creatività artistica, idee e ispirazioni, rivelazioni mistiche, soluzioni di problemi elevati affiorano d’un tratto alla coscienza. Vi è un meraviglioso potere nell’inconscio di aiutarci nell’evoluzione e di dimostrarci che l’uomo non è solo un essere fisico, emotivo e mentale, ma è anche e soprattutto un essere spirituale che ha latenti le più alte possibilità, che tende verso un fine elevato anche se non sempre consapevole e conosciuto.
Jung dice che l’uomo sente, specialmente nella maturità, un’ansia inconscia di raggiungere una meta, un ideale che non conosce consapevolmente, ma che preme continuamente nel suo inconscio, e quest’ansia è l’espressione della necessità di trovare “la pienezza dell’essere, la misteriosa entità dell’uomo nella sua completezza” e di trovare “Dio dentro di sé”.
L’uomo quindi ignora le più alte possibilità e il fine verso cui tende, perché tali cose sono “inconscie” per lui, o meglio sono “super-coscienti”.
Ci vuole uno stimolo esteriore, una richiesta particolarmente pressante perché si crei un “ponte” di congiunzione tra l’io cosciente e queste zone supercoscienti che sono in un certo senso il riflesso dell’Anima, del vero Sé, l’anello che ci congiunge con i livelli spirituali.
Il nostro io cosciente, a mano a mano che noi evolviamo e ci maturiamo, sposta la sua coscienza verso queste zone superiori, le annette nella sua consapevolezza, mentre le zone inferiori divengono subcoscienti. Il subcosciente si rivela, ci mette in contatto con nostro vero Io, l’Anima, e noi acquistiamo una nuova coscienza, quella vera, che ci fa divenire “uomini” reali e completi.
E’ questa l’autorealizzazione che pur sollevandoci al di sopra della abituale coscienza ci fa sentire completamente e pienamente umani. Dice Merton nel suo libro “L’uomo nuovo”: “… L’autorealizzazione diventa consapevolezza di essere totalmente differenti dal nostro normale io empirico. Nel tempo stesso siamo vivamente consci del fatto che questo nuovo modo di essere è in realtà più normale della nostra ordinaria esistenza… Noi ci accorgiamo di essere veramente umani quando siamo elevati al livello del divino” (pag. 107).
Quindi la conoscenza integrale di noi stessi e cioè non limitata alla zona superficiale della psiche, ma ampliata sino ai livelli più profondi e più elevati della nostra personalità, è non soltanto utile ma necessaria per condurci a poco a poco alla realizzazione del nostro vero io.
Conclusioni: imparare ad analizzarci
Dobbiamo pertanto abituarci gradatamente ad analizzarci, tenendo conto non solo degli elementi coscienti, ma anche dell’esistenza dei livelli inconscienti. Ciò può esser fatto anche da se stessi, specialmente se ci affidiamo alla luce della nostra Anima e sappiamo guardare negli abissi dell’inconscio con serenità e con coraggio, con la massima obbiettività e con atteggiamento scientifico.
Solo se insorgessero dei turbamenti meglio affidarci alla guida di qualcuno più esperto e più saggio.
Non dobbiamo dimenticare che oltre alla zona più bassa dell’inconscio esiste anche quella più alta, il Supercosciente, verso cui possiamo aprirci senza timore.
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