Estratto dal libro: “Non più confusione. – Come vivere senza stress la ricerca spiritualeRamesh Balsekar (Laris Editrice)

Confusione nella ricerca spirituale

Ramesh: Cosa è in realtà la ricerca spirituale? Chi è colui che cerca e cosa intende scoprire?

In ogni tipo di ricerca, il ricercatore non essere che l’io, l’ego. E che cosa vuole l’ego dalla ricerca spirituale? L’ego cerca la libertà. Ego significa identificazione con una particolare forma e un nome specifico. Un’entità separata che ritiene di essere l’autore e il creatore della propria vita.

La libertà che l’ego contempla, non è come si fa di solito, libertà da se stesso. Non potrà infatti esserci libertà dall’ego, perché anche dopo la totale comprensione, illuminazione o realizzazione del Sé, l’ego non si dissolve e dovrà continuare a vivere come entità separata. L’esempio lampante è che quando il saggio viene chiamato per nome, egli risponde anche dopo la realizzazione del Sé.

Il concetto che l’ego debba liberarsi da se stesso, è la causa principale dell’eterna confusione spirituale.

A quale libertà ambisce l’ego? L’ego tende a volersi liberare dall’altro, le relazioni con gli altri sono alla base della vita e del vivere quotidiano. Generalmente i rapporti più problematici sono quelli con il padre o la madre, la moglie, un figlio o la figlia, in quanto sono i legami più stretti, ma possono verificarsi anche con un estraneo.

Sebbene questo aspetto della ricerca spirituale sia l’enigma fondamentale, a cui nessuno di noi può sottrarsi, viene in genere sottovalutato e non riceve l’attenzione che merita.

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Lo scopo finale non è la libertà dall’altro, impossibile quanto la libertà dallo stesso io, bensì, la libertà dai problemi inerenti alle relazioni interpersonali. Va sottolineato che una relazione problematica crea un dolore ancora più intenso se sorge fra persone di famiglia. Più intima è la relazione, più intensa sarà la sofferenza quando questa risulta insoddisfacente.

Per questo motivo il ricercatore spirituale deve analizzare a fondo la ragione fondamentale degli squilibri che si presentano nei suoi rapporti con gli altri.

Qual è la causa di ogni nostra relazione insoddisfacente?

Se vi mettete ad analizzare i numerosi esempi di relazioni insoddisfacenti, restereti sorpresi nel constatare in quanti casi le usuali recriminazioni possono essere così riassunte:

  1. Perché mi hai detto questo?
  2. Perché hai fatto o non hai fatto questo?

La causa fondamentale di quasi tutte le relazioni insoddisfacenti si riassume in qualcosa che l’altro ha fatto o non ha fatto. Quindi la causa ha origine nella presunzione di essere noi o gli altri gli autori delle azioni.

Una relazione potrà essere serena solo nella totale accettazione delle parole del Buddha: “Gli avvenimenti accadono, le azioni vengono compiute, ma non esiste un’entità individuale che agisce.”

Mentre in realtà in tutte le cose pratiche l’ego non esiste, il ricercatore è proprio l’ego, ed è l’ego che deve convincersi che la sua esistenza è solo divina ipnosi e che la nozione di “libero arbitrio” o volizione poggia sulla programmazione dell’organismo corpo-mente (geni più condizionamento ambientale), sulla quale l’ego non ha alcun controllo.

Soltanto quando l’ego stesso, a seguito di una profonda analisi della propria esperienza, giunge alla conclusione che ogni sua azione deriva da qualche evento precedente, su cui non ha mai avuto alcun controllo, è finalmente obbligato ad abbandonare la convinzione di essere colui che agisce e a riconoscere che nessun individuo è l’autore delle azioni, né egli stesso né gli altri.

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Infine, l’ego comprende che tutto ciò che accade attraverso qualsiasi organismo corpo-mente è causato dall’Energia primordiale, che opera attraverso ogni organismo corpo-mente, secondo la Volontà divina o Legge Cosmica. Soltanto quando l’ego accettta totalmente di non essere colui che agisce e smette di biasimarsi o incolpare gli altri per tutto quello che avviene, i rapporti potranno essere sereni e armoniosi.

La causa di ogni rottura nelle relazioni interpersonali è dovuta ai sensi di colpa o di vergogna per le proprie azioni, oppure da sentimenti di odio o recriminazione nei confronti dell’altro per le azioni per cui lo si ritiene individualmente responsabile.

Abbandonare ogni aspettativa sui risultati delle azioni

La vita moderna è diventata estremamente complessa, spesso piena di incertezze e continua fonte di stress. La vita ha perso tutta la sua semplicità e ogni decisione pone l’uomo di oggi di fronte a problematiche tali da constringerlo a vivere costantemente in ansia e quando si trova a dover fare scelte, non sa che decisioni prendere. E così, mentre cerchiamo di dare forma alla nostra vita, ci rendiamo conto di quanto gli avvenimenti si svolgono in modo imprevisto e incomprensibile, tanto da trovarsi a riflettere: “perché mi preoccupo? Perché non mi lascio trasportare dal flusso della vita, invece di nuotare controcorrente?”

Abbiamo la facoltà di scegliere e di prendere determinate decisioni, ma indipendentemente dai nostri sforzi, le conseguenze e i risultati delle nostre decisioni, quello che in realtà succede o meno, non è e non è mai stato nelle nostre mani.

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Se ci soffermiamo a riflettere a fondo e ad analizzare l’argomento del libero arbitrio, arriveremo alla conclusione che questo si limita soltanto a prendere delle decisioni e a fare del nostro meglio per portarle in porto, impegnandoci in determinate azioni. In realtà, sia che conseguiamo un risultato positivo o meno, non dipende assolutamente da noi. Poiché lo stress e le frustrazioni della vita derivano dalle aspettative di successo o dal dare per scontati determinati risultati, sarebbe molto più semplice acquisire un atteggiamento diverso, limitandoci a fare del nostro meglio e lasciando i risultati al divino, senza formulare proiezioni e abbandonando ogni aspettativa.

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