Cadere sempre nello stesso errore: soffriamo ripetutamente senza imparare.

“Se un cervo resta impigliato in una trappola, non è probabile che sarà impigliato di nuovo nella stessa trappola. Imparerà dai suoi errori. In relazione a questo, noi siamo più stupidi del cervo perché dal punto di vista dei desideri egoici e dell’afferrarsi dualistico del “io sono”, noi cadiamo nella stessa trappola ancora e ancora. Soffriamo ripetutamente senza imparare come evitare di ritornare nella stessa trappola.”Gyatrul Rinpoche, ‘Padmasambhava – La Liberazione spontanea insegnamenti sui sei bardo’

Soffriamo ripetutamente senza imparare come evitare di ritornare nella stessa trappola. Gyatrul Rinpoche

L’insegnamento di vita secondo la concezione del buddhismo

Questo estratto dal libro Padmasambhava – La Liberazione spontanea insegnamenti sui sei bardo’, commentato dal maesto Gyatrul Rinpoche riflette il concetto buddhista della ciclicità del samsara, il ciclo infinito di nascita, morte e rinascita condizionata dalla sofferenza. Gyatrul Rinpoche sta usando la metafora del cervo impigliato nella trappola per illustrare come gli esseri umani, a differenza degli animali, spesso ricadano negli stessi schemi di sofferenza a causa della propria ignoranza e attaccamento.

Nella concezione buddhista, la sofferenza (dukkha) è causata dall’attaccamento e dalla brama (tanha), che a loro volta sono alimentati dalla percezione erronea di un sé separato e permanente (l'”io sono”). Questa percezione dualistica dell’io crea desideri egoici e ci porta a cercare la felicità attraverso cose transitorie e condizionate, come il possesso, il piacere sensoriale o il successo mondano. Tuttavia, poiché queste fonti di felicità sono impermanenti e insoddisfacenti per natura, ci ritroviamo costantemente delusi e insoddisfatti.

Il cervo nella metafora rappresenta la saggezza naturale che può emergere quando ci distacchiamo dall’illusione del sé e impariamo dagli errori passati. Nonostante ciò, Gyatrul Rinpoche osserva che gli esseri umani sono “più stupidi del cervo” perché tendono a ripetere gli stessi errori, cadendo ripetutamente nella trappola dell’attaccamento e della sofferenza.

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In questo contesto, la pratica buddhista mira a risvegliare la saggezza interiore (prajna) e a spezzare il ciclo del samsara attraverso la comprensione della vera natura della realtà e il raggiungimento della liberazione (nirvana). Questo comporta il superamento dell’attaccamento al sé e alla brama, che sono le radici della sofferenza. Solo attraverso questa trasformazione interiore è possibile evitare di cadere nuovamente nella trappola della sofferenza e del ciclo senza fine del samsara.

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